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La Sapienza Greca – II

La Sapienza Greca – II

Epimenide – Ferecide – Talete – Anassimandro – Anassimene – Onomacrito • Teofrasto «Opinioni dei fisici I»

Autore/i: Colli Giorgio

Editore: Adelphi Edizioni

introduzione dell’autore.

pp. 360, Milano

Ai testi riguardanti l’arcaica sapienza collettiva di Dioniso e di Apollo seguono, in questo secondo volume, le testimonianze dirette e indirette dei primi sapienti, dei primi uomini cioè che abbiano lasciato una traccia individuale della loro eccellenza conoscitiva. Si tratta anzitutto di Epimenide e Ferecide, due personaggi apollinei: il primo, un divinatore del futuro e del passato, uno sciamano che ha sperimentato – dicono i testi – un sonno di cinquantasette anni, un uomo religioso che ha purificato la città di Atene dalle maledizioni divine, un poeta che gareggia con Orfeo nell’intessere i miti sugli dèi; il secondo, presunto maestro di Pitagora e primo prosatore enigmatico che attraverso l’immagine delle «sacre nozze» fra la Terra e Zeus ci dà la cifra, irta di simboli, per un’interpretazione metafisica del mondo. Seguono le testimonianze su Talete, Anassimandro e Anassimene, i cosiddetti Jonici.

La Sapienza Greca – I

La Sapienza Greca – I

Dioniso – Apollo – Eleusi – Orfeo – Museo – Iperborei – Enigma

Autore/i: Colli Giorgio

Editore: Adelphi Edizioni

introduzione dell’autore.

pp. 480, Milano

«Colli ha voluto offrire parole antiche colme di significati antichi, da accogliere nella loro purezza, senza accomodamenti alle nostre fiabe storicistiche: egli ammette verso di esse il distacco ma non l’indulgenza. La Sapienza che in questo volume si rivela è un’illuminazione estatica, una folgorazione che verrà chiamata Dioniso o Apollo, che sarà largita dalla liturgia eleusina o orfica, non importa; le distinzioni troppo rigide non si confanno a questo modo di apparizioni divine e di gesti sacri, dove Dioniso e Apollo si possono scambiare le parti» (Elémire Zolla).

«Che cos’è la sapienza? È la conoscenza garantita dagli dèi, dall’enigma folgorante, dall’estasi misterica, dalla dialettica allusiva, non da una retorica del discorso. Questa sapienza ha dominato la civiltà orale della Grecia arcaica … Da tale tradizione di pensiero vivente, Colli fa discendere quella che comunemente è definita la filosofia presocratica» (Alfredo Giuliani).

Surrealismo e Sessualità

Surrealismo e Sessualità

Autore/i: Gauthier Xavière

Editore: Sugar Editore

prefazione di Mario Perazzi, traduzione dal francese di Alda Traversi.

pp. 290, nn. tavv. b/n f.t., Milano

Xavière Gauthier analizza con intelligenza critica l’atteggiamento dei surrealisti nei confronti della sessualità: indicando nella «contraddizione» fra l’amore in cerca di un oggetto totale e illusorio, incarnato dalla donna, e un desiderio originariamente votato a qualunque cosa possa soddisfarlo – ivi compreso anche ciò che lo mantiene a livello di desiderio e quindi non lo soddisfa – l’autrice ha messo il dito su tutta una serie di altre contraddizioni ed ha intuito l’atteggiamento originale dei surrealisti. Perché la forza dei surrealisti è proprio nell’aver permesso alle contraddizioni di manifestarsi, invece che mascherarle, e nella rinuncia ad una soluzione.
Ma cosa significano, visti da vicino, il mito della «donna unica» di André Breton e quello della «donna cento teste» di Max Ernst, quello della «donna bambina», della «strega», della «bambola», della «donna fiore»?
È vero, come dice la Gauthier, che la sacralizzazione della donna e il fascino straordinario, anche se ambivalente, che emana da essa, non rivelerebbero null’altro che il bisogno del possesso, il bisogno insomma di «trasformare l’essere nell’avere»? È l’ambiguità del mondo dei fantasmi dove regna la donna, regina della potenza sessuale, nella sua inquietante estraneità.
Il poeta surrealista non riconoscerebbe alla donna tanti poteri e funzioni se non per strumentalizzarla: «Se la donna può essere tutto – osserva Xavière Gauthier – ciò significa chiaramente che essa in realtà non è nulla, fuori del cervello dell’uomo».
I surrealisti cercano di incontrare l’inconscio, piuttosto che di assoggettarlo, venerandone la potenza e mimandone i meccanismi: lo stesso fanno di fronte alla perversione sessuale. La perversione surrealista non è sottomissione al corpo, ma tende a sessualizzare il linguaggio per farne un sostituto del corpo. Sono le parole a fare l’amore. E d’altra parte: «Qualsiasi scoperta che muti la natura, la destinazione di un oggetto o di un fenomeno – ha scritto Breton – costituisce un fatto surrealista».

Il Golem

Il Golem

Dalla magia nasce una creatura

Autore/i: Meyrink Gustav

Editore: Bompiani

prefazione di Ugo Volli, traduzione di Carlo Mainoldi.

pp. 270, Milano

Un uomo scambia il suo cappello, nel Duomo di Praga, con quello di un certo Athanasius Pernath, e rivive come in un sogno l’esistenza di costui. A questo inizio casuale si aggancia la vicenda del Golem, il robot avanti lettera, cui una parola infilata tra i denti conferisce una vita provvisoria, ma tanto più violenta perché in lui si concentra una forza che ha solo poche ore per scatenarsi. Quest’esplosione di forze nel mondo segreto e malato in cui si muovono i personaggi di Meyrink, crea una tensione e insieme un incanto che caricano di nuovi significati l’antica leggenda praghese legata al nome di Rabbi Loew. Con questa sua prima opera, lo scrittore Gustav Meyrink, nato a Vienna nel 1868, conobbe subito uno straordinario successo. Pubblicò in seguito altri romanzi, tra cui L’angelo della finestra occidentale, tutti ispirati alle scienze magiche e esoteriche.

Gustav Meyrink (Vienna 1868 – Starnberg 1932) conobbe con questo suo romanzo d’esordio, pubblicato nel 1915, uno straordinario successo. Tra le sue pubblicazioni, ricordiamo Il volto verde, La notte di Valpurga e L’angelo della finestra d’occidente.

In Mano a Satana

In Mano a Satana

Cinque vite possedute dal demonio

Autore/i: Martin Malachi

Editore: Club Italiano dei Lettori

traduzione di Giorgio Cuzzelli.

pp. 576, Milano

Che cosa accade quando un essere umano viene posseduto da Satana?
Che tipo di uomo è l’esorcista, colui che ha il coraggio di offrirsi quale ostaggio al demonio per liberare l’invasato? Quali sono, in realtà, le torture fisiche e mentali che un esorcista deve prepararsi a subire? L’autore, un coltissimo ex gesuita particolarmente esperto in materia teologica, ha personalmente intervistato i protagonisti di cinque esorcismi praticati recentemente in America e ha raccolto del materiale sconvolgente e autentico sullo svolgimento dei terribili riti. Minuto per minuto, i particolari di ogni esorcismo vengono riprodotti in base alle registrazioni effettuate mentre gli esorcismi erano in corso. Il lettore viene così coinvolto nell’eterna lotta tra il Bene e il Male nella quale le due forze tremende si palesano in tutta la loro potenza. Il primo caso esaminato è quello di una giovane donna il cui spirito maligno, Il Sorridente, si cela dietro il sorriso disarmante di lei. Nel secondo episodio la vittima dell’operato diabolico è addirittura un sacerdote, mentre nel terzo il diavolo Seduttore viola orribilmente il corpo dell’esorcista in un’atmosfera da incubo. Il penultimo esorcismo è volto contro un demone «familiare» chiamato zio Ponto, e l’ultimo è ambientato nel mondo della parapsicologia. Il libro inizia con un prontuario dell’esorcismo che rivela ogni risvolto del terribile rito e si chiude con un manuale della possessione, brillante disamina teologica della realtà del Bene e del Male nel mondo d’oggi. In appendice un’accurata traduzione dal latino del rito romano-cattolico dell’esorcismo completa il panorama sulla realtà della possessione diabolica offerto da questo libro eccezionale, terrificante, un libro che lascia con il fiato sospeso.

Sermoni Tedeschi

Sermoni Tedeschi

Autore/i: Maestro Eckhart

Editore: Adelphi Edizioni

introduzione e cura di Marco Vannini.

pp. 288, Milano

Contemporaneo di Dante, Meister Eckhart divise la sua vita fra la predicazione e l’insegnamento della teologia, di cui fu magister a Parigi. Come per Dante, si può dire che la sua opera abbia avuto una funzione fondatrice in rapporto a una lingua. È appunto nei suoi sermoni in volgare che la lingua tedesca appare per la prima volta innervata dai termini della speculazione metafisica, che ritroveremo sino a Hegel e a Heidegger. Si può dire che tutta la grande filosofia tedesca, a partire dal Rinascimento, persegua un continuo e più o meno occulto dialogo con Eckhart. Ma in lui la potenza della riflessione si offre quasi come un dono della sua sovrabbondante vocazione religiosa. Con una naturalezza che non finisce di stupire, Eckhart illumina nei suoi Sermoni le immagini elementari, quelle che appartengono all’esperienza anche del più umile tra i suoi ascoltatori, e insieme le collega e articola senza perdere nulla della sua tensione speculativa. È propria di Eckhart, come dei più grandi mistici, la massima concretezza, la virtù di seguire la vita e la crescita delle immagini con l’amorosità di un giardiniere. Ed è propria di Eckhart anche l’audacia del «distacco», la capacità di guidare la teologia negativa verso la vertigine del nulla, con un gesto radicale che ricorda certi testi buddhisti. Allora lo slancio estatico si spinge sino all’estremo desiderio di liberarsi da Dio: «Perciò preghiamo Dio di diventare liberi da Dio, e di concepire e godere eternamente la verità là dove l’angelo e la mosca e l’anima sono uguali: là dove stavo e volevo quello che ero, ed ero quel che volevo».

Gli Dèi dei Germani

Gli Dèi dei Germani

Saggio sulla formazione della religione scandinava

Autore/i: Dumézil Georges

Editore: Adelphi Edizioni

prefazione dell’autore, traduzione di Bianca Candian.

pp. 156, Milano

Questo libro non ci offre soltanto un prezioso quadro di una delle mitologie più affascinanti e relativamente meno conosciute, pur essendo a noi vicina: la mitologia nordica. In esso il grande studioso francese ha dato una delle più convincenti applicazioni della sua famosa teoria della tripartizione funzionale, teoria che ha avuto un ruolo radicalmente innovatore nello studio delle antiche religioni indoeuropee, paragonabile a quello delle Strutture elementari della parentela di Lévi-Strauss in rapporto agli studi sulla parentela. Gli intricati conflitti fra gli Asi e i Vani, le due grandi famiglie divine che abitano il pantheon nordico, vengono così ricondotti a una necessità strutturale e l’ambiguo significato di molte divinità viene illuminato dal confronto con le divinità funzionalmente corrispondenti in altre religioni indoeuropee. Attraverso l’analisi delle varie forme di sovranità, quali si manifestano nelle figure divine, vediamo così delinearsi il profilo di una civiltà intera, e possiamo osservare da vicino l’origine e il fondamento di certe costanti – dal senso della fatalità a quello della fedeltà tribale, all’onore guerresco, alla magia nefasta -, che continueranno poi a riverberare nel corso di tutta la storia germanica.

Sistema dell’Idealismo Trascendentale

Sistema dell’Idealismo Trascendentale

Testo integrale

Autore/i: Schelling Friedrich Wilhelm Joseph

Editore: Rusconi

testo tedesco a fronte, introduzione, traduzione, note, apparati e cura di Guido Boffi.

pp. 624, Milano

«Fine marzo 1800»: così data la prefazione del Sistema dell ’idealismo trascendentale, opera con cui Schelling giunge a una prima “sintesi” della sua problematica teoretica composta di filosofia dell’io e filosofia della natura. La prima è la speculazione che, muovendo dall’elemento soggettivo del sapere, l’io appunto, si pone come fine la spiegazione dell’oggettivo; la seconda, viceversa, e l’indagine che muove dall’oggettivo per giungere al soggettivo. Il sistema di tutto il sapere, cioè il sapere che articola l’insopprimibile opposizione e complementarietà di questi due itinerari filosofici, è appunto l’«idealismo trascendentale», nel cui svolgimento viene ripercorsa per «epoche» la «storia dell’autocoscienza». Solo mantenendo l’antitetico concorso, l’unione e la reciprocità di filosofia trascendentale e filosofia della natura il filosofo può cogliere il fondamento ultimo dell’armonia di soggettivo e oggettivo, quell’«assolutamente Identico» di cui si vieta la rappresentazione nei termini di un essere sostanziale o personale. La filosofia abbisogna però dell’arte, «chiave di volta del sistema», per comunicare l’unione e l’identità originarie di «soggettivo» e «oggettivo» al di fuori dell’astrattezza riflessiva dei propri concetti. L’«intuizione estetica» coglie infatti nell’opera artistica, seppure istantaneamente e imprevedibilmente, quel fondamento ontologico in cui “spirituale” e “naturale” sono l’Uno-Tutto originario. Ecco perché il Sistema si chiude solo dopo aver posto i capisaldi di un’autentica «filosofia dell’arte». Un’opera che costituisce una pietra miliare per la comprensione dell’Idealismo.
La presente edizione è curata da Guido Boffi, studioso della filosofia classica tedesca. La sua introduzione ricostruisce il contesto storico-filosofico del Romanticismo di Jena, entro il cui alveo il Sistema venne concepito, e traccia una sintesi dell’itinerario speculativo dell’opera. Le essenziali note al testo esplicitano i riferimenti assunti e discussi dal discorso schellinghiano, assecondate dalle parole chiave che focalizzano i termini propri delle argomentazioni. La bibliografia propone titoli mirati alla comprensione e all’interpretazione dell’intero Sistema o di alcuni suoi motivi privilegiati. Il testo tedesco a fronte della traduzione è quello a cura di H.D. Brandt e P. Miiller, stabilito sulla base della prima edizione dell’opera (1800).

Il Singolo e la Comunità in Soren Kierkegaard

Il Singolo e la Comunità in Soren Kierkegaard

Autore/i: Calvi Guido

Editore: Ital – Edizioni Italiane

pp. 240, Roma

Sommario:

Cap. I – Il Singolo
1. Il singolo e la comunità
2. Il singolo e l’etica
3. L’individuo e il generale
4. Il momento

Cap. II – Dallo stato etico al rapporto tra il singolo e l’assoluto

Cap. III – Le categorie delle necessità e della possibilità nel concetto di storia in Hegel e Kierkegaard

Bibliografia
Bibliografia 1961-1970
Bibliografia 1971-1980

Tractatus Logico-Philosophicus e Quaderni 1914-1916

Tractatus Logico-Philosophicus e Quaderni 1914-1916

Autore/i: Wittgenstein Ludwig

Editore: Giulio Einaudi Editore

nota introduttiva, traduzione e cura di Amedeo G. Conte.

pp. XI-276, Torino

Un punto di partenza obbligato per chi intende percorrere il pensiero logico del secolo e inoltrarsi alla scoperta del filosofo che più seduce chi cerchi risposte a domande insoddisfatte, sul piano etico e su quello gnoseologico.

«Questo libro, forse, comprenderà solo colui che già a sua volta abbia pensato i pensieri ivi espressi – o, almeno, pensieri simili -. Esso non è, dunque, un manuale -. Conseguirebbe il suo fine se piacesse ad uno che lo legga e comprenda.
Il libro tratta i problemi filosofici e mostra – credo – che la formulazione di questi problemi si fonda sul fraintendimento della logica del nostro linguaggio. Tutto il senso del libro si potrebbe riassumere nelle parole: Quanto può dirsi, si può dir chiaro; e su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere».
Cosi inizia la prefazione di Wittgenstein al Tractatus che, edito nel 1918, costituisce, come è noto, l’unica opera filosofica che egli abbia pubblicato in vita. Il libro è un punto di partenza obbligato per chi intende percorrere il pensiero logico del secolo e inoltrarsi alla scoperta del filosofo che più attira l’attenzione di chi cerchi risposte a domande insoddisfatte, sul piano etico e su quello gnoseologico.
Questa edizione non solo consente la più chiara leggibilità del testo, ma si arricchisce altresí di alcuni elementi di particolare importanza quali i Quaderni del periodo corrispondente all’elaborazione del Tractatus (1914-16), alcune note sulla logica ed estratti di lettere a Bertrand Russell che arrivano sino al 1920.

Di Ludwig Wittgenstein (Vienna 1889 – Cambridge 1951), Einaudi ha pubblicato: Ricerche filosofiche; Osservazioni sopra i fondamenti della matematica; Osservazioni filosofiche; Della Certezza; Osservazioni sui colori; Libro blu e Libro marrone; Zettel.

Visualizza indice

Nota introduttiva di Amedeo G. Conte.

Tractatus logico-philosophicus.
Prefazione dell’autore.
Tractatus logico-philosophicus.

Quaderni 1914-1916.

Appendici.

I. Note sulla logica, settembre 1913.
2. Note dettate a G. E. Moore in Norvegia, aprile 1914.
3. Estratti da lettere di L. Wittgenstein a B. Russell, 1912-1920.

Bibliografia.

Indici.
Indice delle corrispondenze e concordanze tra Quaderni e Appendici ed il Tractatus logico-philosophicus.
Indice degli autori.

Vocabolario delle Istituzioni Indoeuropee

Vocabolario delle Istituzioni Indoeuropee

Volume primo – Economia, parentela, società

Autore/i: Benveniste Emile

Editore: Giulio Einaudi Editore

edizione italiana a cura di Mariantonia Liborio, prefazione dell’autore.

pp. XIX-292, Torino

Come tutti i grandi linguisti, Emile Benveniste possiede in misura eminente il senso della realtà: il fatto linguistico gli interessa in quanto parte di questa realtà, per ricostruirla nel suo divenire.
Questo interesse vitale ha portato Benveniste a contatto con le discipline più vive nel campo delle scienze umane, dalla logica formale alla psicoanalisi all’antropologia. Sfruttando a fini teorici la sua vastissima erudizione e la pratica nel campo della grammatica storico-comparata, lo studioso ha accostato ai suoi lavori più strettamente filologici una serie di interventi di carattere più generale, inserendosi con grande autorità nella discussione teorica che tocca tutti gli aspetti del problema lingua.
In questo Vocabolario (1969), Benveniste è arrivato a precisare il significato primario dei termini studiati, per scrostarne lo spessore d’uso e per riportare alla luce insiemi lessicali coerenti, articolati intorno a una nozione centrale che permette di avvicinarsi al «senso».
Questa delicata operazione di interpretazioni, accostamenti, ricostruzioni è fondata sulla capacità di ricostituire il quadro economico e sociale di cui la lingua è espressione. «In questa ricerca delle origini – scrive Mariantonia Liborio nella nota che accompagna la presente edizione – si fanno spesso scoperte di grande interesse, non solo linguistico. Concetti individuali per eccellenza, come l’identificazione di sé o il concetto di libertà, si rivelano per esempio singolarmente dipendenti dalla sfera sociale. L’analisi di Benveniste, che spesso rovescia-posizioni acquisite, mette in luce con una certa insistenza il fatto che “è la società, sono le istituzioni sociali che forniscono i concetti in apparenza più personali”».

Emile Benveniste (Aleppo 1902 – Parigi 1976) ha sempre vissuto e studiato a Parigi, dove è stato Directeur d’études della sezione di Scienze storiche e filologiche dell’École Pratique (dal 1927) e poi professore al Collège de France (dal 1937). E autore di diciotto opere e centinaia di articoli, tra cui Origines de la formation des noms en indo-européen (1935), Problèmes de linguistique générale (trad. it. Il Saggiatore, 1971 e 1974).

Le Antiche Civiltà Semitiche

Le Antiche Civiltà Semitiche

Autore/i: Moscati Sabatino

Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore

testo integrale, riveduto e ulteriormente aggiornato dall’autore, prefazione e prologo dell’autore.

pp. 344, XXIV tavv. b/n f.t., 3 cartine b/n, Milano

L’unica opera d’assieme finora esistente sulle grandi civiltà di lingua semitica che fiorirono nel bacino orientale del Mediterraneo per oltre duemila anni prima che s’affermassero la cultura greca e la religione cristiana.

Sabatino Moscati è professore ordinario di Filologia semitica nell’Università di Roma e accademico dei Lincei. Ha ripetutamente insegnato in Università straniere, specialmente in America e in Inghilterra. I suoi studi più importanti sono dedicati alle origini dei Semiti, alle lingue ed ai popoli della Palestina e della Sila, alla storia degli Arabi. Tra i libri principali: L’epigrafia ebraica antica (1951), The Semites in Ancient History (1959) The fact of the Ancient Orient (1960).

La Fine del Rito Greco in Terra d’Otranto

La Fine del Rito Greco in Terra d’Otranto

Autore/i: Lisi Giuseppe

Editore: Edizione Amici della «A. De Leo»

presentazione di Marco Petta, introduzione dell’autore.

pp. 240, nn. tavv. a colori e b/n, Brindisi

Dalla presentazione di Marco Petta:
«L’interesse per le vicende del rito greco in Italia è stato sempre vivo tra gli studiosi di storia ecclesiastica dell’Italia meridionale.
Per rito greco o riti italogreci s’intendono non solo le nonne propriamente liturgiche (santa Messa, ore canoniche, ecc.), ma anche quelle disciplinari (astinenze e digiuni, impedimenti matrimoniali, ecc.) della Chiesa bizantina e che erano praticate o lo sono tuttora da quei gruppi di cristiani provenienti dall’area di quella Chiesa e insediatisi, in successione di tempo, nel meridione della nostra penisola.
Già in pieno secolo XVIII il sacerdote italoalbanese Pietro Pompilio Rodotà scriveva sull’argomento un’opera in tre volumi.
Da allora, quasi ininterrottamente, non sono mancati contributi, seppure non di uguale valore, che direttamente o indirettamente hanno trattato o semplicemente accennato al predetto rito.
Un notevole incremento di studi sulla questione si è verificato in occasione e dopo il «Convegno interecclesiale sulla Chiesa greca in Italia dall’VIII al XVI secolo», svoltosi a Bari nella primavera del 1969.
In proposito sono fondamentali gli studi di Vittorio Peri, scriptor greco della Biblioteca apostolica vaticana, che danno una chiara visione della realtà storica sull’argomento e in cui si discutono in modo esauriente i problemi sorti dalla coesistenza in alcune diocesi italiane di minoranze di fedeli di rito greco con fedeli di rito latino e gli interventi della Santa Sede per risolverli;[…]»

Giuseppe Lisi, nato a Calimera, risiede da anni a Brindisi ove svolge le funzioni di magistrato.
Fa parte della Società di Storia Patria per la Puglia e collabora con conferenze e saggi alle attività dell’associazione Amici della biblioteca «A. De Leo».
Ha pubblicato nel 1985 un saggio storico su Calimera: Economia e classi sociali in Calimera alla metà del Settecento.
Ha collaborato a «La Grecia Salentina» e a «Rassegna Salentina».

Storia dei Veleni

Storia dei Veleni

Da Socrate ai nostri giorni

Autore/i: Jean de Maleissye

Editore: SugarCo Edizioni

prefazione dell’autore, traduzione di Maria Teresa Beccaria.

pp. 360, Carnago (Varese)

Fin dalla notte dei tempi il veleno, insidioso e segreto, ossessiona gli esseri umani, ai quali la natura non l’ha concesso quale arma di sopravvivenza (come ha invece fatto con certe piante o determinati animali, che se ne servono al solo scopo di salvaguardare la propria incolumità e di procurarsi il nutrimento): strumento dei deboli, o silenzioso complice delle ambizioni più sfrenate e inconfessabili, da sempre ha trovato riparo nelle case, si è nascosto negli armadi, si è celato nei cibi, ha popolato incubi e sogni delittuosi. Per una strana inversione di ruoli, gli è accaduto talora – e a volte ancora oggi – di trasformarsi in pubblico accusatore nel corso di terribili ordalie. Di efficacia fulminea in certi casi, sa anche agire con perfida lentezza così da essere insospettabile. Eppure dall’Ottocento in poi i suoi giorni sembravano contati. I progressi in campo scientifico lo hanno reso facilmente individuabile e, peggio ancora, sono riusciti quasi a vanificare i suoi effetti letali. Ma il veleno ha compiuto una metamorfosi inaspettata: individualista fino ad allora, è diventato un’arma collettiva. Viene ormai prodotto a milioni di tonnellate, da quando, sui campi di battaglia, hanno fatto la loro comparsa le armi chimiche; e milioni sono state le sue vittime nei campi di concentramento nazista. Dall’antichità più remota fino alle guerre attuali e alle stragi «accidentali» di civili inermi, Jean de Maleissye esplora in tutti i suoi meandri la storia dello strano rapporto che da sempre lega il veleno all’uomo.

«A partire dalla sua comparsa sulla terra la vita non ha mai cessato di evolversi e diversificarsi ricorrendo a meccanismi regolatori capaci, essi soli, di mantenerla in armonia con l’ambiente che l’accoglieva. Uno di questi è un elemento che può essere mortale: il veleno – poiché è di esso che stiamo parlando – uccide, ma partecipa anche dei grandi equilibri naturali e salvaguarda le varie specie. È grazie ad esso che molti insetti predatori possono cacciare e nutrirsi, mentre altri ne fanno uso per proteggersi efficacemente contro nemici più potenti. Ma negli organismi più evoluti e misteriosamente venuta meno la componente venefica, come se la sua funzione fosse divenuta incompatibile con l’organizzazione dei vertebrati superiori. E così che gli uccelli, i mammiferi e, fra questi ultimi, i primati sono privi di un apparato venefico. L’uomo, punto d’arrivo di questo lungo percorso evolutivo, non è dotato di alcuna arma naturale di questo tipo; ma egli si è ingegnato a ricostruire per sé – e in seguito a perfezionare senza tregua – ciò che la natura gli aveva rifiutato. Non dispone di aculei né di denti avvelenati, ma possiede in compenso lo strumento più velenoso che in assoluto esista, sempre , che, s’intende, venga usato a fin di male: il cervello… Un tempo, la convivenza del veleno con l’uomo era quotidiana. Re e sovrani lo temevano e dovevano diffidare di tutti, in particolar modo delle persone più prossime, che potevano in ogni istante trasformarsi in avvelenatori. Paragonato ad altri “metodi” di eliminazione fisica, il veleno presentava evidenti vantaggi pratici. Era facile procurarselo e non costava eccessivamente. Non esistevano, o erano pochi, i mezzi efficacemente preventivi, né a molto servivano i rimedi terapeutici… Il veleno avrebbe potuto rimanere per lungo tempo il collaboratore più prezioso nelle alterne vicende, importanti o meno, politiche o domestiche, se il progresso scientifico nell’arte medica o nelle analisi chimiche non fosse sopraggiunto, nel XIX secolo, a gettare lo scompiglio nell’ordine prestabilito. Oggi, un veleno individuato, neutralizzato, messo a nudo, non è più un veleno, ma un comune tossico, la cui manipolazione diventa alla fin fine più pericolosa per il criminale che per la sua vittima.
Questo mutamento non significa tuttavia per il veleno un esilio definitivo nel museo delle armi antiche, a fianco delle spade, delle picche o delle asce da guerra, giacché, grazie alla sua natura proteiforme, esso potrebbe volgere ben presto a proprio vantaggio la stessa rivoluzione scientifica e industriale che ha minacciato la sua operatività pratica. Si annuncia l’era del veleno di massa. Quel che si riteneva stesse per cadere in disuso, ritorna in auge…» (dalla Prefazione)

Jean de Maleissye, laureato in scienze, ha dedicato lunghi anni di studio per questa che è la prima opera sui veleni pubblicata in Occidente.

Il Grande Manuale delle Droghe

Il Grande Manuale delle Droghe

Autore/i: Lewin Louis

Editore: Fratelli Melita Editori

prefazione di Claudio Asciuti, prefazione e introduzione dell’autore.

pp. XX-428, La Spezia

Dalla prefazione di Claudio Asciuti:
«Il problema delle sostanze psicotrope, quelle capaci di agire sulla psiche umana e sul comportamento è stato da sempre oggetto d’interesse per l’intera umanità: le più antiche testimonianze, riportate dai testi indiani del Rig-Veda enunciano l’esistenza del “soma”, una bevanda inebriante utilizzata per un rito sacro; allo stesso modo negli Avesta è un liquore chiamato “haoma” ad assolvere questa funzione sacrificale.
La storia dell’umanità è di fatto connessa con l’uso di piante, di liquori, di materiali organici in grado di determinare stati di alterazione di coscienza – A.S.C. come vengono definiti dalla psicologia moderna – o ancora di aumentare e potenziare le prestazioni fisiche ed intellettuali, quasi che l‘uomo, resosi conto dell’estrema limitatezza delle sue capacità tentasse in tutti i modi di spingersi “oltre” quei limiti. Notizie sulla cannabis indica giungono dal Nei-Ching, il trattato medico scritto, a quanto sembra, dall’imperatore Kwang-Ti già nel 2000 a.C., mentre il potere medicamentoso del papavero, la pianta da cui si estraeva l’oppio era già conosciuto dagli antichi Egizi al punto di essere incluso nel papiro Ebers-Brugsh risalente al 1700 a.C.; per quanto riguarda la coca, infine, le prime notizie in Europa vennero riportate in modo completo da Pedro de Cieza de Leon.
Volendo si potrebbe continuare così per un bel pezzo ricercando le documentazioni successive che si riferiscono alla “scoperta”, alla “funzione” delle piante in determinati periodi storici e determinate aree geografiche. Molto semplicemente si giungerebbe alla conclusione che ogni periodo e ogni area ha avuto, in un modo o nell’altro, la sua componente chimica particolare; e se, come sostiene Andrew T. Weil, il desiderio di entrare in A.S.C. è un desiderio connaturato alla natura umana quanto il bisogno sessuale o quello alimentare (1), è vero che tutte le proto-religioni a base sciamanica hanno avuto la necessità di inserire nei propri rituali una sostanza capace di modificare la condizione quotidiana.[…]»

Pubblicato in Germania nel 1924 con il titolo Phantastica, questo libro raccoglie i risultati delle ricerche compiute da Lewin sulle sostanze psicotrope: se fino ad allora si conoscevano solo i modi d’uso delle varie droghe, è questo il primo testo ad offrire una descrizione precisa degli effetti che producono sul cervello umano.
Questo libro, fornisce dettagliate informazioni su tutte le maggiori droghe del tempo, dall’oppio alla datura, dall’alcool fino al betel, senza tralasciare la cannabis e i più comuni tè, caffè e tabacco.
Con quest’opera pioneristica Lewin diede avvio all’etnobotanica, scienza che ci accompagna ancora oggi nelle forme più conosciute della fitoterapia e della cosmesi.

La Dimensione Nascosta

La Dimensione Nascosta

Il significato delle distanze tra i soggetti umani

Autore/i: Hall Edward T.

Editore: Casa Editrice Valentino Bompiani

introduzione di Umberto Eco, prefazione dell’autore, traduzione dall’inglese di Massimo Bonfantini.

pp. 260, nn. ill. b/n, Milano

Lo spazio “parla”, e parla anche quando non vogliamo ascoltarlo; parla per precise convenzioni culturali, ma anche in base a profonde radici biologiche. Stare a una certa distanza dal nostro simile – nell’atto erotico, nel rapporto d’affari, nella riunione politica, nella disposizione degli spazi urbani – ha un preciso significato. Il significato cambia con il mutare della distanza, e le distanze acquistano valori diversi in modelli culturali diversi. La distanza a cui è percepibile il nostro alito, per esempio, o la fascia termica che delimita la nostra zona di irradiazione, sono elementi di un ben definito linguaggio. La nuova scienza che studia questi fenomeni e la prossemica.
Il fascino della Dimensione nascosta – vicino a cui conviene anche ricordare l’altro testo ormai “classico” di Hall, Il linguaggio silenzioso – nasce dunque dall’applicazione di strumenti e metodi rigorosamente scientifici a una realtà (una “dimensione”) in cui vivevamo da sempre, senza accorgercene. Come scrive lo stesso Hall nella prefazione: “Esponendo la mia indagine sull’uso dello spazio dell’uomo, sullo spazio che mantiene fra sé e i suoi simili e che stabilisce intorno a sé a casa sua o in ufficio, vorrei portare a livello di consapevolezza molto di ciò che è preso per ovvio e pacifico. Così spero di aumentare la coscienza della nostra identità personale, di rendere più intense le nostre esperienze e di ridurre i fenomeni alienanti: insomma, di aiutare l’uomo a conoscersi un po’ meglio – e di restituirlo a se stesso.”

Il Potere del Mito

Il Potere del Mito

Intervista Di Bill Moyers – Un grande studioso parla del mito e della sua presenza nella vita di oggi

Autore/i: Campbell Joseph

Editore: TEA – Tascabili degli Editori Associati

nota e cura di Betty Sue Flowers, introduzione di Bill Moyers, traduzione di Agnese Greco e Vittorio Lingiardi.

pp. 280, 9 ill. b/n f.t., Milano

«La mitologia non è una bugia, la mitologia è poesia e metafora. Si dice che la mitologia sia la penultima verità perché l’ultima non può essere tradotta in parole. È al di là delle parole, delle immagini, al di là del confine limitante della Ruota buddista del Divenire. La mitologia lancia la mente al di là di questo confine, verso ciò che possiamo conoscere, ma non dire.
Questa è la penultima verità.»

Le pagine che seguono costituiscono il puntuale resoconto di una lunga conversazione tra Bill Moyers, una delle grandi firme del giornalismo americano, e Joseph Campbell. Parte della conversazione ebbe luogo allo Skywalker Ranch di George Lucas, il celebre regista e produttore che ha pubblicamente riconosciuto l’enorme influenza degli studi mitologici di Campbell sul suo cinema. “Perché abbiamo bisogno della mitologia?”: questa domanda ricorre in varie forme nel testo e ne rappresenta, in un certo senso, il filo conduttore. Campbell non si sottrae al compito di offrire al lettore una risposta chiara ed esauriente. I miti, per lui, non sono soltanto i “resti” del mondo antico che coprono le pareti del nostro sistema interiore di credenze, come i cocci del vasellame rotto in un sito archeologico. I miti, e i rituali che li evocano, riaffiorano puntualmente in molte delle cose della vita di oggi, dalla religione alla guerra, dall’amore alla morte, poiché riposano sulla “continua necessità della psiche umana di trovare un centro fatto di principi profondi”. Senza cesure e tuttavia senza contrasti, il grande studioso parla liberamente di tradizioni e racconti egizi e greci, ebraici e indiani, islamici e pellerossa, di narrazioni bibliche e chansons de geste, delle tribù dell’Oceania e di Martin Luther King, della cattedrale di Chartres, di John Wayne, Re Artù e Star Wars, accomunandoli nella sua affabulazione di cantore del potere del mito.

Joseph Campbell (New York, 1904-1987) studiò letteratura alla Columbia University, sanscrito e filosofia a Parigi e Monaco. Per trentotto anni fu titolare della cattedra di Mitologia comparata al Sarah Lawrence College circondato dalla fama di maestro e di uomo ricchissimo di umanità. Tra le sue opere principali, L’eroe dei mille volti, Le maschere di Dio. Alla sua morte, Campbell stava lavorando al secondo volume del suo monumentale atlante storico della mitologia mondiale.

Tre Dialoghi

Tre Dialoghi

Un invito alla pratica filosofica

Autore/i: Bencivenga Ermanno

Editore: Bollati Boringhieri Editore

prima edizione, prefazione dell’autore.

pp. 204, Torino

I personaggi di questi dialoghi parlano di filosofia, e la cosa non è da intendersi come un tentativo di renderla «piacevole» o di «divulgarla». Non lo è perché la filosofia è già piacevole di per se stessa, e grossi sforzi devono essere fatti per impedirne la divulgazione: sforzi volti a nascondere il gioco liberatorio, malizioso e irridente che è la filosofia sotto gerghi impenetrabili ed egocentrici, sotto una «dottrina» oziosa e compiaciuta. L’operazione compiuta da Bencivenga è da intendersi invece come il tentativo di restituire alla ricerca filosofica la sua natura dialogica e coinvolgervi il lettore a partire dagli spunti offerti ma, si spera, ben oltre quegli spunti. È comune in filosofia – e, chissà, forse nella vita – che la verità non si trovi in una voce ma solo nel generale pandemonio delle voci che tentano di superarsi e cancellarsi, e intanto realizzano un’esperienza che nessuno ha voluto ma tutti sono contenti di vivere. C’è più di una voce in questo libro, ma ce ne sono molte altre fuori di esso: la scommessa è che, anche per merito di tentativi come questo, acquistino il coraggio di farsi sentire.

Ermanno Bencivenga è nato a Reggio Calabria nel 1950. Ha insegnato alle Università di Pittsburgh, Milano e Salisburgo e alla Rice University di Houston. È professore ordinario di filosofia presso l’Università di California, per la quale ha anche diretto il Centro Studi di Padova. È condirettore della rivista internazionale di filosofia «Topoi». Nelle nostre edizioni ha curato l’antologia Le logiche libere (1976) e pubblicato Una logica dei termini singolari (1980) e Il primo libro di logica (1984).

Oracolo del Tempo di Sogno

Oracolo del Tempo di Sogno

Basato sull’Antica Saggezza degli Aborigeni

Autore/i: Hakanson Donni

Editore: Edizioni Il Punto d’Incontro

la confezione contiene un volume illustrato a colori e 45 carte-di-sogno realizzate da sei artisti aborigeni, prefazione di Pauline E. McLeod (cantastorie aborigena), traduzione di Alessandra De Vizzi.

pp. 176, 45 carte rotonde a colori, nn. ill. a colori, Vicenza

Uno strumento sciamanico che attraverso simbologie totemiche ci può donare protezione, ispirazione e guida.

Le originali storie di sogno del sistema di credo aborigeno ci offrono insegnamenti e consigli propri di una cultura e una tradizione che affondano le radici in un passato inscandagliabile.

Colloqui su un Sentiero di Campagna (1944/45)

Colloqui su un Sentiero di Campagna (1944/45)

Autore/i: Heidegger Martin

Editore: Il Melangolo

a cura di Ingrid Schüßler, edizione italiana e premessa a cura di Adriano Fabris, traduzione di Adriano Fabris e Antonia Pellegrino.

pp. 240, Genova

IL CUSTODE: E le cose rimarranno così, finché Lei si sforzerà di trovare un passaggio, invece di lasciare aperta la via a un ritorno.
L’INSEGNANTE: Un ritorno verso dove?
IL CUSTODE: Verso dove propriamente noi già siamo.
L’INSEGNANTE: Tuttavia questo luogo dei mortali, che Lei a volte nomina, rimane per me avvolto nell’oscurità.
IL CUSTODE: Ne sia contento. È più utile questo buio della luce artificiale con la quale oggi si pretende di illuminare ogni cosa, in modo che non rimane più né il buio né la luce, e nemmeno la penombra –
L’INSEGNANTE: e noi, sommersi dalle informazioni, non riusciamo più a orientarci.
IL CUSTODE: E soprattutto non riusciamo a orientarci per quanto concerne noi stessi, perché, nel luogo dove propriamente già siamo, sta in primo luogo il nostro io, o, se Lei vuole chiamarla così, la nostra esistenza.