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Libri dalla categoria Immaginario

L’Androgino

L’Androgino

L’umana nostalgia dell’interezza

Autore/i: Zolla Elémire

Editore: Red Edizioni

traduzione dall’inglese di Augusto Sabbadini (Shantena).

pp. 148, riccamente illustrato a colori e b/n, Como

Né uomo né donna, ma uomo e donna insieme: questo è l’androgino. Fanciullo malioso, nel mito greco assunse in un solo nome quello dei divini genitori, Ermes e Afrodite, e si fuse in un liquido abbraccio con una ninfa.
Ma non è solo fra gli dei della Grecia che troviamo una traccia inquietante della “differenza” negata: nel resoconto penetrante che Elémire Zolla ci offre in questo libro, l’androgino è una costante dell’immaginario figurativo di tutti i popoli, traspare sotto la maschera di Pulcinella, assume le vesti di personaggi letterari come Séraphita di Balzac o Orlando di Virginia Woolf, dona una fisionomia indimenticabile agli sciamani di Castaneda.
Da tutti emana un fascino che, a ben guardare, è lo stesso di tanti ‘eroi del nostro tempo’: il divo del rock o del cinema, la modella di una pubblicità di moda…
Fascino, inquietudine, turbamento: questo è il modo di agire di un archetipo. Quello dell’androgino ci svela una verità intima e profonda: l’elusività della sessualità umana.

Miti Sogni e Misteri

Miti Sogni e Misteri

Autore/i: Eliade Mircea

Editore: Rusconi

premessa dell’autore, traduzione dal francese di Giovanni Cantoni.

pp. 272, Milano

Proseguendo nel suo studio della struttura e funzione del mito, iniziato con Mito e realtà e Il mito dell’eterno ritorno, Mircea Eliade, uno dei più autorevoli storici viventi delle religioni, esamina in questi saggi la sopravvivenza del comportamento mitico nel mondo moderno, anche se esso non vi assolve più la funzione che aveva nelle società tradizionali, quando permetteva all’uomo arcaico di staccarsi dal tempo profano e di ricongiungersi al Grande Tempo, al tempo sacro.
Un altro tema del libro è l’analisi dei rapporti tra il dinamismo dell’inconscio – come si manifesta nei sogni e nell’immaginazione e le strutture dell’universo religioso. Infatti non vi è motivo mitico e scenario iniziatico che non sia in qualche modo presente anche nei sogni e nelle fantasie dell’immaginazione. Ma, a differenza delle psicologie del profondo, che fanno derivare le figure e gli avvenimenti della mitologia dai contenuti e dalla dinamica dell’inconscio, Mircea Eliade sostiene e dimostra che i contenuti e la struttura dell’inconscio partecipano, seppure in forma rudimentale, dell’esperienza religiosa. «L’aura religiosa di certi contenuti dell’inconscio» spiega Eliade «non sorprende lo storico delle religioni perché egli sa che l’esperienza religiosa impegna l’uomo nella sua totalità, quindi anche le zone profonde del suo essere. Questo però non significa ridurre la religione alle sue componenti irrazionali, ma semplicemente riconoscere l’esperienza religiosa qual è: esperienza dell’esistenza totale, che rivela all’uomo le sue modalità d’essere nel mondo.»

Mircea Eliade è nato nel 1907 a Bucarest, dove ha conseguito la laurea in lettere. Dal 1928 al 1932 fu all’Università di Calcutta per approfondire i suoi studi sull’India, soprattutto sotto l’aspetto religioso. Ha insegnato metafisica all’Università di Bucarest e dal 1946 al 1949 ha tenuto corsi all’Ecole-des Hautes Etudes della Sorbona. Dal 1956 vive negli Stati Uniti, dove è titolare della cattedra di storia delle religioni all’Università di Chicago. Ha fondato la rivista di studi religiosi «Zalmoxis». Fra i suoi numerosi saggi: Mito e realtà (1974); Il mito dell’eterno ritorno (1975), usciti presso l’editore Rusconi.

Il Significato della Musica

Il Significato della Musica

Autore/i: Schneider Marius

Editore: Rusconi

prima edizione, introduzione di Elémire Zolla, traduzioni dal tedesco e dal francese di Aldo Audisio, Agostino Sanfratello e Bernardo Trevisano.

pp. 288, Milano

Marius Schneider è il massimo etno-musicologo vivente; egli ha studiato il fenomeno musicale come si presenta in quelle civiltà tradizionali (l’Occidente premoderno, l’India, l’Africa, ecc.) in cui è stata o è estranea la dialettica dell’illuminismo, implicante il trionfo del puro soggettivismo e del «progresso» nell’arte.
In questi saggi Schneider ci offre una metafisica del suono, della musica e del rito basata su scoperte etnologiche compiute personalmente. Egli spiega che la musica è la più antica allegoria possibile della creazione. Antichissime e illustri cosmogonie descrivono la realtà precedente alla creazione come un’oscurità sonora in cui nulla è ancora solido e tutto è vibrazione musicale, e la creazione stessa come l’atto sonoro originario, come un passaggio graduale a oggetti sempre più solidi e silenziosi.
Schneider riconduce così la musica alla sua essenza, spiega le connessioni tra musica e magia, dimostrando implicitamente la miseria delle teorie musicali moderne. Leggendo questi scritti, avverte Elémire Zolla nell’Introduzione, «la piana storia della musica e dell’umanità su cui si è abituati a riposare la mente dileguerà; molte certezze storiche ci sembreranno una fila di cartoni da teatro, svaniranno per lasciarci a tutta prima in un gran buio.
Occorrerà rinunciare a molti giudizi che si credevano solidi, assuefarsi a venerare primitivi clamori che si credevano spregevoli, riconoscere come fragili e penose musiche che sembravano acquisti per sempre, capolavori indiscutibili». E aggiunge: «È abbastanza naturale che l’opera di Schneider generi uno sgomento.
La gran parte di noi chiede alla storia di disporsi in un aggraziato balletto, ed egli ce lo farà apparire una fila di sfingi e di grifoni, di enimmi figurati destinati a non sciogliersi mai in facili concetti».

Marius Schneider nacque a Hagenau (Alsazia) nel 1903. Studiò filologia, musicologia, pianoforte e composizione a Strasburgo e a Parigi, e poi a Berlino, dove compì gli studi nel 1930 con una dissertazione sull’ars nova. Direttore dell’Archivio Fonografico di Berlino nel 1932, si dedicò allo studio della tradizione polifonica nei vari continenti, raccogliendo un’immensa documentazione di polifonia «esotica». Più tardi, divenuto direttore della sezione dedicata al folklore nell’«Instituto Español de musicologia» di Barcellona, si è dedicato alla ricostruzione delle antiche cosmogonie e alla ricerca delle relazioni fra l’architettura medievale e la musica. Dal 1954 al 1970 è stato titolare della cattedra di musicologia all’Università di Colonia, occupandosi in prevalenza di simbologia musicale nelle antiche filosofie e religioni.
Le sue opere principali sono:
Geschichte der Mehrstimmigkeit, Berlino 1934-1935.
El orígen musical de los animales-símbolos en la mitología y escultura antiguas, Barcellona 1946.
La danza de espadas y la tarantela, Barcellona 1948.
Singende Steine, Kassel 1955.

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Introduzione, di Elémire Zolla

Parte prima

L’ESSENZA DELLA MUSICA

1. Il significato della musica

Parola e suono. Creazione. Dottrina del sacrificio. Canzoni. Simboli sonori primari. Simboli sonori strumentali. Gerarchia nel simbolismo. La magia. Conclusione.

2. La musica come modello del mondo

3. Musica e magia

4. La nascita musicale del simbolo

5. Il significato delle ali

Parte seconda

RITMO, MELODIA E ARMONIA

1. Il ritmo

2. Il significato della voce

3. Il canto gregoriano e la voce umana

4. Musica e metafisica: l’armonia delle sfere

Parte terza

LA MUSICA E LE COSE

1. Il tamburo

2. L’armonia tra l’uomo e la natura

Zambomba. Pandero.

3. La gioia e la lode: l’essenza dell’inno

Il Libro Tibetano dei Morti

Il Libro Tibetano dei Morti

Dottrine segrete e mondi trascendenti

Autore/i: Lauf Detlef I.

Editore: Edizioni Mediterranee

edizione italiana a cura di Matteo Silvia, prefazione di Frederic Spiegelberg, introduzione dell’autore, traduzione di Stefania Bonarelli.

pp. 272, 12 tavv. a colori e b/n f.t., nn. ill. b/n, Roma

Nelle tradizioni segrete del Tibet troviamo dottrine che si occupano dei problemi centrali dell’esistenza umana, delle vie da percorrere per arrivare ali’autoconoscenza. Il Libro Tibetano dei Morti fa parte di queste tradizioni segrete. È un’opera che descrive tutte le visioni postmortali corrispondenti a profonde conoscenze dei maestri tibetani, attingendo alla ricca tradizione delle dottrine segrete tibetane. Gli eventi del trapasso e le esperienze del dopo-morte – che vanno dalla reincarnazione alla liberazione totale – sono narrati in modo suggestivo, ma anche con seria e profonda competenza. Dal momento che esperienza di vita, conoscenza della realtà e coscientizzazione perfetta costituiscono la base dottrinaria degli stati trascendenti, possiamo definire il Libro Tibetano dei Morti un libro di vita a priori: un libro sul significato della vita e un’ottima guida che apre le porte della trascendenza. La morte ci appare in una luce completamente diversa; anzi possiamo dire che ci appare completamente illuminata nel vero senso del termine; per cui la nostra attuale interpretazione della morte come estinzione della vita viene non solo messa in discussione ma addirittura demolita. Quest’opera sorprende il lettore per le sue estese rappresentazioni, completamente nuove, che attingono ai testi originali di diversi Libri dei Morti del lamaismo e dell’antica religione tibetana bon, qui illustrata per la prima volta, ma anche e soprattutto per il suo materiale illustrativo, mai pubblicato prima. Arricchiscono ulteriormente il testo le descrizioni delle iniziazioni del rituale funebre e i numerosi disegni e tabelle. Il commento illustra la via tibetana attraverso il bar-dò, con tutti i suoi simboli e tutte le sue visioni, in chiave psicologica, e la mette a confronto con stati, atteggiamenti e manifestazioni della coscienza occidentale. Poiché II Libro Tibetano dei Morti descrive simboli archetipici, l’Autore non ha difficoltà a metterli in relazione con alcune teorie freudiane e con gli archetipi di Jung. A suo avviso, peraltro, anima e coscienza non sono che un’unica e transitoria «fisicità». Abbiamo modo così di capire meglio esperienze essenziali del Libro Tibetano dei Morti e di farle nostre. Esso infatti presenta aspetti psicologici di grande valore; in esso tutto è sviluppato in modo magistrale, permettendo a chi lo legge di acquistare una visione nuova della vita e del mondo.

Detlef I. Lauf, noto tibetologo e studioso delle religioni, ha visitato l’India, i Paesi dell’Himalaya occidentale, il Nepal, il Sikkim e il Bhutan in numerosi e lunghi viaggi di studio. È docente presso il C.G. Jung-Institut di Zurigo. Grazie alle sue numerose pubblicazioni gode di fama internazionale. Può essere a buon diritto considerato uno “scopritore di tesori” come quelli di cui si parla in questo libro.

Gesù di Nazaret

Gesù di Nazaret

Annuncio e storia

Autore/i: Gnilka Joachim

Editore: Paideia

premessa dell’autore, edizione italiana e traduzione a cura di Francesco Tomasoni.

pp. 440, Brescia

«Chi cerca informazioni concrete sul tempo, sulla venuta di Gesù di Nazaret, sul suo destino, sul suo arresto e sul suo processo ricava da quest’opera un eccellente insegnamento. Anche chi si accosta alla predicazione di Gesù nell’ambito della tradizione e della rielaborazione redazionale da parte degli evangelisti ne trarrà abbondante profitto. Questo di Joachim Gnilka è un lavoro che per l’approfondimento dell’annuncio e della storia di Gesù ancora mancava da parte cattolica, e che assolve il suo compito in modo esemplare, mantenendosi ai più alti livelli degli studi attuali.» (Rudolf Schnackenburg)

Joachim Gnilka, professore di esegesi neotestamentaria ed ermeneutica biblica all’Università di Monaco di Baviera, è largamente noto anche in Italia per i numerosi suoi saggi e commenti esegetiei. Nelle edizioni Paideia ha pubblicato il grande commento in due volumi al vangelo di Matteo («Commentario teologico del Nuovo Testamento», 1990 e 1991) e, nello stesso commentario, il commento alla lettera ai Filippesi (1972).

Kali

Kali

La Dea della Forza Femminile

Autore/i: Mookerjee Ajit

Editore: Red Edizioni

prima edizione, traduzione di Augusto Sabbadini.

pp. 136, riccamente illustrato a colori e b/n, Como

Ricchezza e fama ti appartengono, sta a te darle o negarle.
Ma questo mio dolore è mio, e quando te lo offro
tu mi ricompensi con la grazia.
(Rabindranath Tagore)

Nell’iconografia induista Kali, la Nera, è il volto fiero e terribile di Devi, la Dea, personificazione della sua spaventosa forza distruttrice. Divinità guerriera in lotta contro il male, l’ignoranza, la falsità, Kali è anche madre della terra, creatrice e nutrice: il suo aspetto orrorifico non essendo disgiungibile da quello misericordioso. In questa sua duplice essenza, Kali è signora del tempo ciclico dell’esistenza: semina la morte per poi raccogliere nuova vita.
Venerata in molte parti dell’India, a lei, alle sue molteplici forme, sono stati innalzati templi e offerte preghiere, a lei sono ancora oggi dedicati canti affinché la sua potenza, spaventosamente necessaria, si manifesti, qui e ora, «per restaurare nella nostra natura quella divina spiritualità femminile che abbiamo perduto».
In questo libro l’autore ha raccolto le immagini e le parole che, rivolte a Kali, dall’India giungono fino a noi, intatte.

Iside Svelata – 2 Volumi

Iside Svelata – 2 Volumi

Chiave dei misteri della scienza e della teologia antiche e moderne – Volume 1. Scienza • Volume 2. Teologia

Autore/i: Blavatsky Helena Petrovna

Editore: Armenia Editore

prefazione di Emma Cusani, prefazione dell’editore, prefazione dell’autrice.

vol. 1 pp. 620, vol. 2 pp. 622, tavole ripiegate b/n f.t., Milano

Due volumi di formato 15 x 22 in cofanetto. Quattordici anni di indagini e di consultazione di materiale talora inedito, comprese centinaia di lettere firmate da Helena Blavatsky e finora trascurate dagli altri biografi, hanno dato vita a quest’opera, palpitante ritratto della più celebre sensitiva di tutti i tempi vissuta tra il 1831 e il 1891.

L’opera prestigiosa della fondatrice della Società Teosofica – diventata ormai un classico, pur rimanendo un testo controverso, spesso frettolosamente liquidato o peggio “rimosso” dalla cultura ufficiale – viene qui proposta in versione integrale.
Il nome della Blavatsky è legato indissolubilmente al termine teosofia (“saggezza divina”) e alla Società Teosofica, un sodalizio nato con il proposito di ricondurre l’uomo moderno alle fonti dell’antico sapere, non disdegnando l’impiego di strumenti singolari, quali il sogno e l’ipnosi, e attraverso la credenza nella reincarnazione e nella possibilità per gli iniziati della conoscenza diretta di Dio.
Iside svelata rappresenta la summa della dottrina della Blavatsky e guida il lettore verso una forma di conoscenza “integrale” che attinge a fonti diverse: dal cristianesimo alla cabala, dalla scuola pitagorica al buddhismo, dal brahamanesimo allo spiritualismo. Si tratta dunque di un’opera dal significato universale che raccoglie suggerimenti, informazioni e insegnamenti dalla cultura dei popoli di tutto il mondo, fornendo un contributo inestimabile alla verità e alla conoscenza.

Helena Petrovna Blavatsky nacque a Ekaterinoslav, in Ucraina, il 12 agosto 1831. In gioventù intraprese diversi viaggi in Europa, Egitto, Asia e America, visitando più volte anche l’Italia. Trasferitasi a New York, diede inizio alla sua attività pubblica fondando nel 1875 la Società Teosofica e pubblicando due anni dopo Iside svelata. Dalla fine del 1879 al 1884 fu in India, ove fondò la rivista The Teosophist. Ritornata in Europa nel 1885, dopo essersi stabilita a Londra diede alle stampe la monumentale Dottrina Segreta. La sua esistenza terrena si concluse nella capitale britannica nel 1891.

La Medicina Ermetica

La Medicina Ermetica

Bollettino di istruzioni ai praticanti della FR+TM+DI Miriam

Autore/i: Kremmerz Giuliano

Editore: Convivio – Nardini Editore

a cura di Vinci Verginelli.

pp. 96, nn. ill. b/n, 1 tavv. b/n f.t., Firenze

La Medicina Ermetica – o di Hermes o Mercurio – è anche detta «Medicina Dei» e si fonda su due specifiche componenti: l’Amore e la Forza magnetica che ogni individuo sano può emanare.
Tutti, dice Kremmerz, chi più e chi meno, hanno un potere magnetico: i guaritori, per esempio, ne posseggono e ne sprigionano più della norma.
E se più persone, animate da spirito di fraterna solidarietà verso i sofferenti, si uniscono ritualmente (anche a distanza), essi compongono una catena, il cui vertice può proiettare sul malato una vis terapeutica, una forza guaritrice, che nella maggior parte dei casi ha effetto positivo.
La Fratellanza Terapeutica Magica di Myriam, fondata da Kremmerz all’inizio del secolo. si è tacitamente diffusa in Italia ed all’estero e continua ad operare, in umiltà e silenzio, a favore di tutti coloro che si rivolgono a lei per chiederle aiuto, specialmente in quei casi che la medicina ufficiale definisce disperati.

Canone Buddhistico – Raccolta di Aforismi

Canone Buddhistico – Raccolta di Aforismi

(Sutta Nipāta)

Autore/i: Anonimo

Editore: Bollati Boringhieri Editore

introduzione, traduzione e note di Vincenzo Talamo.

pp. 264, Torino

“Procede il saggio vigilando sui sensi e dominando le proprie facoltà, saldo nella Dottrina, trovando gioia nella rettitudine e nella benignità; colui che ha superato l’attaccamento e si è liberato di tutte le ansietà non viene contaminato da quel che può vedere o udire.”

“La fiducia è il seme, l’ascesi è la pioggia, la conoscenza è il mio giogo e il mio aratro, il ritegno è il timone, la mente è la cinghia dei giogo, la consapevolezza e il mio vomere e il mio pungolo.”

Dall’introduzione di Vincenzo Talamo:
«Fra il sesto e il quinto secolo a. C. un giovane di nobile lignaggio, figlio del capo di una repubblica aristocratica situata ai piedi dell’Himalaya, abbandonò un giorno la lussuosa dimora paterna e depose i suoi abiti principeschi per indossare la veste gialla dell’asceta itinerante. Sostentandosi di elemosina, per ben quarantacinque anni, cioè fino al termine dei suoi giorni, egli percorse il territorio nord-orientale dell’India additando a quelli che avevano “poca polvere sugli occhi” il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza ed alla emancipazione dal condizionato. A distanza di venticinque secoli il suo messaggio è tuttora vivo ed operante per milioni di uomini e molto può dare a chi lo riceva con adatta disposizione di spirito. Il Sutta Nipāta, che presentiamo per la prima volta integralmente tradotto dal testo originale pāli, fa parte di questo messaggio, si può anzi considerare una delle più antiche formulazioni della Dottrina dell’Illuminato. Una trattazione, sia pure sommaria, della Dottrina che va sotto il nome di Buddhismo non rientra nei limiti del presente volume. Scopo di queste note introduttive è invece quello di portare l’attenzione del lettore sugli aspetti più salienti di questa Dottrina e conseguentemente sull’atteggiamento mentale che si richiede per una retta comprensione di essa.
Accostarsi al Buddhismo ricercandovi gli equivalenti di una religione monoteistica, o quegli elementi in genere che la nostra mente è abituata a considerare come essenziali di ogni religione, equivale a porsi in condizione di non intenderne lo spirito. Profondamente diversa è infatti la posizione che l’uomo occupa nel Buddhismo da una parte e nell’Ebraismo, nel Cristianesimo, nell’Islamismo dall’altra; diversi sono i fini ch’egli si propone e i mezzi che mette in opera per conseguirli.
Il Buddhismo non è una religione di tipo devozionale. Non si trova in esso l’idea di un Essere supremo personale, creatore e signore del mondo, di una Provvidenza che tenda la mano all’uomo bisognevole di soccorso e che dispensi premi e castighi. I vari dèi si trovano anch’essi, per così dire, di qua dalla creazione, sono anch’essi soggetti, come gli uomini, al divenire o “saṃsāro” e non possono perciò recare alcun aiuto all’uomo desideroso di trascendere la sua precaria condizione. Lo stesso Brahma, subito dopo l’illuminazione del Sublime, discende dalla sua celeste dimora e lo prega di esporre la Dottrina per il bene degli uomini e degli dèi.
Ne deriva come corollario che l’uomo, per sfuggire al “saṃsāro” e conseguire l’incondizionato, non deve cercare alcun appoggio esterno ma deve fare affidamento unicamente sulle proprie forze. In altre parole il Buddhismo, per lo meno il Buddhismo originario o “Theravāda”, non è una religione soteriologica; il Buddho non è un salvatore ma solo uno “svegliato”, un “compiuto” il quale ha deposto il fardello, è giunto mediante i suoi propri sforzi all’altra riva e, mosso da compassione per il genere umano, espone a chi abbia orecchie per intendere un metodo, una tecnica per ottenere lo stesso risultato. L’assenza di un Essere supremo che governi il mondo ha naturalmente i suoi riflessi nei riguardi della morale, la quale nel Buddhismo non va intesa come un insieme di rigide norme di condotta che trovano la loro giustificazione nel volere divino e la cui trasgressione rende l’uomo meritevole di castigo. Al posto del peccato troviamo qui l’errore le cui malsane conseguenze, rigidamente determinate dalla ferrea legge del “kamma”, sono già contenute in germe nell’atto stesso e ne scaturiscono automaticamente non appena venute a maturazione. In altri termini, si è “puniti”, se così si può dire, non “per” le proprie azioni, ma “da” esse, come una sbarra di ferro rovente scotta, senza l’intervento di un terzo fattore, la mano dell’incauto che la tocchi. L’etica buddhista non ha quindi valore assoluto, ma solo strumentale: l’attenersi a determinate regole di condotta vale solo in quanto serve a conseguire determinati risultati e perde qualunque significato una volta raggiunto lo scopo. Questo concetto è mirabilmente espresso dal paragone della zattera che serve egregiamente per attraversare una corrente ma diventa del tutto inutile non appena si sia raggiunta l’opposta riva.[…]»

Canone Buddhistico – Così è stato Detto

Canone Buddhistico – Così è stato Detto

(Iti vuttaka)

Autore/i: Anonimo

Editore: Bollati Boringhieri Editore

introduzione, traduzione e note di Vincenzo Talamo.

pp. 152, Torino

“Questi due, o bhikkhu, sono i doni: il dono materiale e il dono della Dottrina; fra questi due doni, o bhikkhu, quest’ultimo eccelle, cioè il dono della Dottrina.”

“Colui ch’è desto, consapevole e riflessivo, concentrato, lieto e sereno, opportunamente e rettamente meditando sulla Dottrina, con la mente raccolta, dissolverà le tenebre.”

Dall’introduzione di Vincenzo Talamo:
«Il Buddhismo Theravāda, o Buddhismo degli Anziani, alla cui letteratura canonica il presente volume appartiene, si può considerare la forma più genuina della Dottrina esposta venticinque secoli or sono dallo Svegliato e a noi tramandata attraverso il canone pāli. Anche oggi l’insegnamento teorico e pratico, i metodi, le regole disciplinari in vigore nei monasteri (vihāra) delle regioni in cui si professa il Buddhismo Theravāda presentano solo trascurabili differenze nei confronti dell’insegnamento, dei metodi, delle regole ch’erano in vigore al tempo del Sublime.
Questo ramo del Buddhismo è tuttora fiorente a Ceylon, nel Siam, in Birmania, in Cambogia, nel Laos, mentre più largo sviluppo ha avuto l’altra grande branca del Buddhismo, cioè il Buddhismo Mahayāna, o Buddhismo del Grande Veicolo, sorto alcuni secoli dopo e rapidamente propagatosi in Cina, nel Giappone e nel Tibet, andando incontro, in ciascuno di questi paesi, a sensibili modificazioni per adattarsi alla “forma mentis” locale. È opinione comune che la piu larga diffusione del Buddhismo Mahayāna sia stata determinata dal fatto che esso più dell’altro si presta ad appagare le esigenze fideistiche e devozionali delle masse, e questo può anche essere vero, almeno in parte. La Dottrina originaria, infatti, non è né fideistica né devozionale. Sottile, profonda, difficile, com’ebbe a definirla lo stesso Buddha, essa non ha i requisiti di una dottrina suscettibile di una diffusione a largo raggio, che possa aspirare ad una sorta di cattolicità. Eminentemente aristocratica, essa non è fatta per le masse, bensì per quei pochi che il proprio “kamma”, maturatosi attraverso innumerevoli esistenze, ha reso atti a riceverla. È, in certo qual modo, una “porta stretta” attraverso la quale pochi riescono a passare.
Insussistente al contrario è la differenza, che da alcuni si vorrebbe porre tra le due grandi branche del Buddhismo e che consisterebbe in un preteso carattere egoistico del Theravāda nei confronti del Mahayāna. Si contrappone infatti non infrequentemente l’ideale “altruistico” del Mahayāna, rappresentato dalla figura del Bodhisattva, all’ideale “egoistico” del Theravāda che trova la sua espressione nella figura dell’Arahant; mentre il primo – si dice dai sostenitori di questa tesi – si adopera instancabilmente per la salvezza di tutti gli esseri, rinunciando per essi al nirvāna”, l’Arahant, quasi dimentico delle tribolazioni che affliggono l’umanità, si gode tranquillamente il “suo personale nirvāna”.[…]»

Italia Magica

Italia Magica

La Magia nella Tradizione Italica

Autore/i: Adriani Maurilio

Editore: Biblioteca di Storia Patria

introduzione di Giuseppe Bonomo.

pp. 466, 64 tavv. b/n f.t., Roma

Gli studi storico-religiosi di Maurilio Adriani, docente nella Università di Firenze, seguono una linea coerente e sempre precisa nel timbro e nel significato: la ricerca intesa ad individuare la tradizione sacra, specialmente italiana, nei suoi termini di base, nelle condizioni caratteristiche, nei valori permanenti. Anche questa «Italia magica» risponde a tale esigenza. Dopo il profilo di indole generale offerto dalla «Storia religiosa d’Italia», dopo il tratteggio già determinato dell’«Italia mistica», questa «Italia magica» viene a precisare ulteriormente l’itinerario etico-intellettuale del nostro paese.
Si tratta comunque di una figura assolutamente irriducibile a qualunque altra. La magia, in Italia, la mentalità magica che imbeve di sé in continuità il comportamento implicito ed espresso dell’esperienza italiana, ha una qualità e una misura al tempo stesso semplice ed estremamente complessa: è superstizione e pensiero riflesso, è inesauribile effervescenza mitica e meditata introspezione della lezione segreta delle cose e del mondo: è abbandono e vagheggiamento della disciplina dell’arcano e tentativo vigoroso di enucleare una sapienza distillata al di là della pura ragione; è, ancora, avventura solitaria di spiriti eletti ed inquieta e polivalente esperienza collettiva, di netto sapore popolare.
Tutti questi fili, in astratto eterogenei ma nel vivo della vicenda storica italiana confusi e compartecipi del medesimo destino, passano e si compenetrano nel discorso analizzato e ricomposto che è lo studio dell’Adriani. Il quale poteva offrirci un ritratto soltanto ideologico, o un’immagine a puro livello folcloristico, o anche una galleria di immagini e di situazioni emotive; ma ha voluto e saputo renderei tutti questi aspetti, senza nessuna attenuazione o forzatura, integrandoli in una prospettiva unica: e cioè il costume magico in movimento nei secoli della nostra storia, della nostra più autentica memoria: appunto, la linea della «tradizione» magica italiana.
Il ricco corredo illustrativo dei preziosi soggetti raccolti in 64 tavole fuori testo, è di per sè una presentazione stimolante dell’opera di Maurilio Adriani, la cui viva partecipazione al tema trattato non è che il risultato di un entusiasmo quale raramente un giovane storico sa infondere ai suoi studi. L’interesse che così avvincente lavoro suscita in ogni regione italiana già al solo annuncio, è la conferma di una curiosità alla quale con· corre in larga misura il persistere di certe forme di magia, di certe pratiche e usanze nella vita e nella cultura popolare, usanze documentate, oltre che da ricerche particolari in questi ultimi anni, dalla cronaca quotidiana del nostro paese.

Le Stanze del Cammino di Mezzo

Le Stanze del Cammino di Mezzo

(Madhyamaka kārikā)

Autore/i: Nāgārjuna

Editore: Bollati Boringhieri Editore

prefazione, introduzione, traduzione e note di Raniero Gnoli.

pp. 196, Torino

Dalla prefazione di Raniero Gnoli:
«Le Stanze del Cammino di Mezzo (Madhyamaka Kārikā) sono un’opera ben conosciuta e l’unico mio merito, con questa traduzione, è quello di aver raccolto per la prima volta in un solo volume le strofe isolate di Nāgārjuna. Nonostante infatti tutti i capitoli di quest’opera si possano vedere ora tradotti in lingue moderne per opera di scienziati di diversi paesi, editi in articoli o pubblicati in volumi a sé stanti (vedi la notizia seguente), le stanze isolate di Nāgārjuna non erano fino adesso mai state raccolte insieme, se si eccettua la traduzione di esse dalla versione tibetana e cinese, insieme col commento Akutobhaya, fatta in tedesco dal Walleser nel 1911 e nel 1912, prima ancora, cioè, che si pubblicasse di quest’opera il testo sanscrito. Quanto alla traduzione non ho molto da dire. II testo su cui mi sono basato è quello del La Vallée Poussin (occasionalmente controllato su di un manoscritto della Prasanna Pada, prestatomi da G. Tucci, e sulla versione tibetana) da cui solo due o tre volte mi sono scostato. Nelle note mi sono attenuto all’essenzialismo, in conformità coi caratteri di questa serie. Alcuni punti della dottrina buddhistica, indispensabili per l’intelligenza del testo sono stati esposti nel Glossario in fondo al volume, anche per alleggerire le note. Alle “Stanze del cammino di mezzo” ho aggiunto la traduzione della Vigraha Vyavartani, o “Sterminatrice dei dissensi”. In fondo il lettore può vedere tradotte le cosiddette “Quattro laudi” di Nāgārjuna. Un ringraziamento particolare va al professor É. Lamotte, che ha avuto la cortesia di farmi parte della sua opinione su alcune stanze del difficile Acintyastara, e al dottor Paolo Daffinà per aver voluto rivedere la traduzione dell’iscrizione cinese citata a pagina 34. Inutile qui dire quanto debbo non solo alle traduzioni parziali delle Madhyamaka Kārikā insieme col commento di Candrakirti per opera dello Stcherbatsky, dello Schayer, del Lamotte, del De Jong e del May, ma anche a quanti come Edward Conze, Étienne Lamotte e Giuseppe Tucci hanno dedicato il loro tempo e le loro forze allo studio di uno dei momenti ed esperienze più interessanti e feconde dello spirito umano. E ringrazio anche chi, nella presenza e nell’assenza, col silenzio e colla parola, mi ha sempre accompagnato durante questi anni.[…]»

I Vivi e la Morte

I Vivi e la Morte

Saggio sulla morte nei paesi capitalistici

Autore/i: Ziegler Jean

Editore: Arnoldo Mondadori Editore

introduzione dell’autore, traduzione di Lucia Krasnik.

pp. 348, Milano

È possibile capire la morte – questo evento che apparentemente ci riguarda solo nella sfera del privato, ma che peraltro impronta di sé tutte le culture – alla luce delle più recenti acquisizioni della sociologia, e soprattutto nel suo significato e nella sua portata politica? In che misura si può affermare che una migliore comprensione del fenomeno oscuro della morte può contribuire alla nostra liberazione?
L’autore tenta di rispondere a questi interrogativi fondamentali mettendo a confronto e analizzando criticamente la cultura dei neri brasiliani, tra i quali la morte è onorata, e la cultura industriale dell’Occidente, che tenta di negare la morte privilegiando il sistema fondato sul profitto dei produttori-consumatori. In Occidente si è infatti costituita una nuova classe irresponsabile e pericolosa, quella dei tanatocrati, che uccidono a loro arbitrio, secondo una prassi che non è che il rispecchiamento della violenza simbolica della società capitalista.
Ma la negazione della morte conduce alla nevrosi, alla follia, e l’uomo, privato della consapevolezza della sua finitudine, cessa di essere un soggetto attivo della storia. Solo liberando la morte, e integrandola in un più ampio processo di liberazione politica, potremo trasformare la vita in consapevolezza storica, e instaurare la libertà.

Jean Ziegler è docente di sociologia all’Università e all’«Institut d’études du développement» di Ginevra. Esperto in problemi del Terzo Mondo, ha insegnato come visiting professor in università degli Stati Uniti, del Brasile e dell’Europa. Dopo una serie di lunghi soggiorni di studio e ricerca nell’Africa Centrale, ha condotto per diversi anni un’inchiesta in una comunità della Diaspora africana del nord-est del Brasile. Membro del partito socialista svizzero, è deputato al parlamento della Confederazione (consigliere nazionale).
E autore di opere tradotte in molte lingue: La contre-révolution en Afrique, Sociologie de la nouvelle Afrique, Sociologie et contestation. Essai sur la société mythique, Le pouvoir africain. In edizione Mondadori: Una Svizzera al di sopra di ogni sospetto, I vivi e la morte.

Il Cristo Dilacerato

Il Cristo Dilacerato

Crisi e concili nella chiesa

Autore/i: Guitton Jean

Editore: Il Saggiatore

prima edizione, prefazione dell’autore, traduzione di Camillo de Piaz.

pp. 224, Milano

Preciso ma appassionato, controllato ma audace, Jean Guitton vede e vive il cattolicesimo come «forma del tutto», come «l’asse dell’evoluzione» e come il senso finale della storia dell’uomo. Il Concilio si rivela allora come un «evento plenario» che ci può illuminare sul destino dell’umanità e dell’universo e Guitton si inchina di fronte ad esso «con timore e con tremore, con speranza nell’avvenire imminente o lontano, cercando nel passato la profondità del presente e l’immagine oscura del futuro». L’unità della Chiesa e l’unità di Cristo. È un’unità che non è statica e conclusa perché si evolve nel tempo e nella verità. Il Cristo è dilacerato ma continuamente risorge dalla dilacerazione per incarnare sempre di nuovo la verità come vita. Dilacerata dalle eresie e proprio attraverso le eresie e il loro superamento la Chiesa si costituisce come ortodossia vivente. Distruttive in quanto pretendono di imporsi come posizioni isolate, le eresie sono tuttavia profezie di un’unità non raggiunta e assolvono una funzione positiva se la Chiesa le sa trasformare, superare e, nella negazione, sa farle proprie, elevandole ad una superiore unità. In quest’opera storica che è contemporanea più di qualsiasi opera storica, Guitton rivive per noi il dramma del rapporto tra ortodossia ed eresia incominciando dal giudaismo e arrivando – attraverso la gnosi, l’arianesimo, l’islamismo, il catarismo e il protestantesimo – alla crisi religiosa della nostra epoca. La crisi è una crisi dilacerante che eredita tutte le crisi e che ripresenta il problema del fondamento e del significato dell’ortodossia stessa. Il Concilio è un momento storico eccezionale. È la maturazione di una «pienezza dei tempi» e nella dilacerazione della civiltà e della religiosità contemporanea, implica ed invoca la possibilità di una nuova sintesi e di un’unità che non condanni ma comprenda, iniziando un’epoca che non deve essere l’epoca delle negazioni insuperabili ma l’epoca del perdono.

Nato a Saint-Etienne (Loire) il 18 agosto 1901, allievo di Brunschwicg e di Bergson, Jean Guitton è una delle figure più rappresentative del pensiero cattolico contemporaneo. Dopo la tesi su Tempo ed eternità in Plotino e Sant’Agostino (1933) ha pubblicato una serie di opere tutte rivolte allo studio dei rapporti tra cattolicesimo e pensiero moderno, opere nelle quali egli ci offre la misura di una personalità autenticamente impegnata nella più alta problematica teologica e nel dovere di parlare all’uomo contemporaneo di ogni cultura e di ogni posizione sociale. Nel 1938 pubblica Il pensiero moderno e il Cattolicesimo; nel 1941 Giustificazione del tempo; nel 1949, dopo l’esperienza della prigionia in Germania e dei primi anni del ritorno, L’esistenza temporale.
Professore dal 1948 al 1954 all’Università di Digione, nel 1954 è chiamato alla Sorbona e nel 1961 all’Accademia di Francia. Dopo il 1959 Guitton scrive varie opere che da La Chiesa e il Vangelo (1959) a La Chiesa e il Concilio (1963) preparano e spiegano il Concilio Ecumenico Vaticano II. Papa Giovanni XXIII ha chiamato Guitton come osservatore laico al Concilio ed egli risulta il primo laico chiamato a far parte (fin dalla prima sessione) del Vaticano II. Confermato come uditore da Paolo VI, ha parlato ultimamente al Concilio il 3 dicembre 1963.

Io Sono Quello

Io Sono Quello

Conversazioni col maestro

Autore/i: Sri Nisargadatta Maharaj

Editore: Ubaldini Editore

a cura di Sudhakar S. Dikshit, traduzione inglese del marathi di Maurice Frydman, traduzione di Sergio Trippodo.

pp. 424, Roma

Scoprite ciò che non siete. Corpo, sentimenti, pensieri, idee, tempo, spazio, essere e non essere, questo o quello. Non siete niente di concreto o astratto che potete indicare. Dovete osservare voi stessi e la vostra mente, attimo per attimo, senza lasciarvi sfuggire nulla.

Nisargadatta Maharaj non era un uomo istruito. Non faceva riferimento a nessuna autorità, citava raramente i testi, non faceva sfoggio di erudizione; l’abbagliante ricchezza dell’eredità spirituale e di pensiero dell’India era come implicita in lui. La sua vita, come il suo insegnamento, era all’insegna della semplicità e dell’umiltà. Non proponeva un sistema, una teologia, una psicologia, o una filosofia. Eppure, vedeva con disarmante lucidità negli altri e in se stesso.
Vedeva quindi nell’essenza della realtà.
Questo libro, nella classica forma del dialogo tra discepolo e maestro, contiene il suo insegnamento.
Figlio di un qualunque contadino dell’India, piccolo commerciante a Bombay, Nisargadatta Mahraj, di cui non si conosce l’esatta data di nascita (probabilmente il 1897), visse fino alla sua mezza età la solita esistenza monotona e senza storia di un uomo qualunque: infanzia, giovinezza, matrimonio, discendenza.
L’incontro con un guru fu però il punto di svolta. Ma non si pensi che la sua vita ne venne trasformata. Certo, per i primi anni, abbandonata la famiglia e gli affari, divenne una specie di mendicante, un pellegrino tra i numerosi e diversi luoghi sacri dell’India. Percorse a piedi nudi la strada fino all’Himalaya, dove aveva stabilito di trascorrere il resto dei suoi anni alla ricerca della vita eterna. Ma, non appena compresa la futilità di questo genere di ricerca, tornò sui suoi passi e rientrò in famiglia. Non c’era alcun bisogno di cercare la vita eterna: era sempre stata sua.
La sua convinzione rimase sempre la stessa, salda e semplice da capire a un livello superficiale, quanto difficile da comprendere e introdurre nel proprio modo di pensare e vivere, che le persone Vivono in un mondo in cui si identificano con il corpo-mente e non hanno il desiderio né il potere di abbandonarlo. Esistono soltanto per se stesse. Tutti i loro sforzi sono tesi al soddisfacimento e alla glorificazione dell’io, in una rincorsa estenuante della felicità, che però, per definizione, è sempre seguita come un’ombra dal dolore e dalla sofferenza.
Ebbene, con le sue parole dall’inusuale potenza, Nisargadatta Maharaj ci indica la via per rompere la catena.

Nisargadatta Maharaj (Maruti Kampli) nasce nel 1897 a Bombay. Si sposa, cresce quattro figli e per vivere fa il tabaccaio. A 33 anni conosce un maestro che gli insegna a concentrarsi sul mantra Brahmasmi (“Sono il Supremo”). Poco dopo si “realizza”. Resta nella sua casa a dialogare con chiunque lo raggiunga fino all’8 settembre 1981, anno in cui muore.

Fotografia con l’Infrarosso

Fotografia con l’Infrarosso

Autore/i: Wagner Günther

Editore: Cesco Ciapanna Editore

quarta edizione ampliata, premessa e introduzione dell’autore.

pp. 240, nn. ill. b/n e colori, Roma

Con la pellicola infrarossa è possibile fotografare al buio senza farsi notare, è possibile scoprire un quadro falso, è possibile fotografare oltre la foschia. Tutti possono fotografare all’infrarosso con qualsiasi macchina fotografica.
Questo libro tecnico e scientifico affronta tutti i problemi connessi alla ripresa all’infrarosso con consigli ed esempi pratici per il migliore uso delle pellicole infrarosse in bianco e nero e a colori.

Arigò

Arigò

Il guaritore dal coltello arrugginito

Autore/i: Fuller John G.

Editore: Armenia Editore

prefazione dell’autore, traduzione di Marika Boni Grandi.

pp. 272, 8 tavv. b/n f.t., Milano

Ze Arigò, il celebre medium-chirurgo brasiliano, il più grande guaritore di tutti i tempi, è il protagonista questa incredibile storia.
Era un semplice contadino privo di cultura; eppure riusciva a scrivere complicate ricette mediche, a formulare diagnosi impeccabili. Operava i suoi pazienti servendosi di un normale coltello da cucina, senza osservare nemmeno le più elementari norme di igiene; eppure ha guarito centinaia di casi giudicati inguaribili dalla medicina ufficiale, senza che i pazienti avvertissero il minimo dolore.
Studiosi e ricercatori di fama mondiale hanno seguito il suo lavoro, sempre con risultati positivi. John G. Fulier, autore di questo libro, ha condotto una meticolosa indagine in Brasile ottenendo prove e testimonianze che documentano le prodigiose guarigioni operate da Arigò.
Ne è risultata un’opera provocatoria, polemica, in netto contrasto con ogni posizione preconcetta; un libro che farà senz’altro discutere.
Arigò, nonostante le severissime leggi brasiliane contro i guaritori, continuò a prodigarsi sino alla fine per tutti coloro che si rivolgevano a lui; e quando morì, la sua scomparsa avvenne in circostanze che egli stesso aveva predetto.

La Vigilanza e l’Esame di Coscienza

La Vigilanza e l’Esame di Coscienza

(Kitâb al-murâqaba wa al-muhâsaba)

Autore/i: Al-Ghazālī

Editore: Edizioni Il leone verde

a cura di Marco Aurelio Golfetto.

pp. 152, Torino

Se la Verità immutabile può essere conosciuta cogliendo il riflesso del raggio divino nello specchio perfettamente levigato del cuore, la purificazione interiore gioca in vista di questo scopo un ruolo primario. Il Principio eterno può, infatti, essere colto solo nel momento in cui la coscienza cessa di essere frastornata dal rumore della concupiscenza e della passione. La vigilanza e l’esame di coscienza sono due delle più efficaci tecniche spirituali che permettono al cercatore d’ogni tempo di progredire sulla Via della realizzazione. Al termine del processo catartico, finalmente purificata per mezzo di una rigorosa disciplina, l’anima si dischiuderà all’amore celeste, privilegiata porta d’accesso ai segreti gelosamente custoditi al cospetto di Dio.

Alta Gnosi Cristica Azteca

Alta Gnosi Cristica Azteca

Corso Iniziatico dei Commendatori del Sole

Autore/i: Samael Aun Weor

Editore: M.I.R. Edizioni

pp. 140, nn. ill. b/n, Firenze

“Quando mediante l’alchimia del contatto sessuale amoroso si trasmuta il seme in energia elettromagnetica e questa a sua volta fa contatto nella ghiandola Coccigea, allora il serpente prezioso dalle piume di ketzalli si risveglia, si scuote e si innalza, trasformato in Ketzalkoatl.” (Saman Aun Weor)

Samael Aun Weor, Maestro spirituale del XX° secolo, autore latinoamericano di ben sessanta libri di esoterismo pratico, viene finalmente alla luce in Italia con questo testo rivelatore della profonda e trascendente Iniziazione nelle tradizioni dei popoli mesoamericani.
In esso egli svela il più grande segreto mai raccontato, quello che a costo della propria vita gli Iniziati hanno custodito per millenni. Esso è sempre stato patrimonio della Tradizione che, per mezzo delle differenti Scuole Ermetiche di ogni epoca e latitudine, ha rivelato dalle labbra del Maestro all’orecchio del discepolo il Grande Arcano: la Magia Sessuale.
L’Era dell’Acquario porta con sé anche la rivelazione pubblica del Mistero dei Misteri, ed il presente è un libro aperto che potrà fornire tutta la luce di cui ha bisogno il sincero ricercatore di se stesso. La Magia Sessuale si produce nell’armoniosa fusione del desiderio sessuale con l‘anelito spirituale.

Manifesti Elettorali nell’Antica Pompei

Manifesti Elettorali nell’Antica Pompei

Autore/i: Anonimo

Editore: Rizzoli

testo latino a fonte, prefazione, avvertenza, nota introduttiva e cura di Romolo Augusto Staccioli.

pp. 240, nn. tavv. b/n f.t., Milano

Tra le mille «voci» dell’antica Pompei rimaste soffocate dal tragico evento dell’eruzione e tornate a risuonare grazie agli scavi che le hanno «liberate» così com’erano state fissate sui muri, attraverso le scritte incise, graffite e dipinte, quelle delle campagne elettorali sono certamente le più singolari e meno conosciute. Affidate a veri e propri «manifesti» che tutti gli anni, a ogni elezione dei magistrati cittadini, tornavano a tappezzare le facciate degli edifici pubblici e delle case private, gli ingressi delle botteghe e dei ritrovi più frequentati, persino le pareti dei monumenti sepolcrali fuori le porte delle mura urbane, esse ci parlano dell‘avvenimento che a Pompei – come in ogni altra città romana – doveva essere il più atteso dell’anno e ci permettono di ricostruirne le vicende e i protagonisti, la vivacità delle competizioni, l’intensità delle passioni, il fervore e la partecipazione di tutta la cittadinanza. Con informazioni preziose che riguardano lo svolgimento delle campagne elettorali nella stessa Roma, e sorprendenti analogie con quanto avviene, nelle medesime circostanze, ancora ai nostri giorni.

Romolo Augusto Staccioli è nato e vive a Roma dove insegna epigrafia italica all’Università La Sapienza. Tra le sue pubblicazioni di argomento romano: «Le elezioni municipali nell’antichità romana» (1963), «La civiltà di Roma nel secolo d’oro dell’impero» (1964), «Il museo della civiltà romana» (1970), «Roma entro le mura» (1979), «Pompei. Vita pubblica di un’antica città» (1979), «Guida di Roma antica» (1986, Rizzoli, BUR, premio Donna Città di Roma), «Roma di ieri Roma di oggi» ( 1990). Collabora a quotidiani e riviste e con la radio e la televisione in Italia e all’estero.