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Un’Aringa in Paradiso

Un’Aringa in Paradiso

Enciclopedia della risata ebraica

Autore/i: Loewenthal Elena

Editore: Baldini&Castoldi

illustrazioni di Emanuele Luttazzi.

pp. 248, nn. ill. b/n, Milano

Rabbi Meir ha lasciato questo mondo. Sale in paradiso. Gli viene subito servito un piatto freddo di aringhe con patate. Sorpreso e un po’ deluso, il rabbino mangia senza dire nulla. Poi lancia per caso un’occhiata verso l’altro «settore » e vede i dannati gozzovigliare ingurgitando minestre vellutate, sformati, arrosti, pasticcini. Il rabbino continua a tacere. Al pasto successivo, di nuovo qualche aringa con patate, e una tazza di tè. Il rabbino getta di nuovo, questa volta non per caso, un’occhiata all’altro «versante»: crespelle, cacciagione, funghetti e via di seguito… Pasto successivo, stessa solfa, cioè aringhe e tè.
E di là: oca al forno, caviale, ricche torte. Il rabbino ha taciuto abbastanza, chiama il primo angelo che vede e indaga: «Non capisco. Questo dovrebbe essere il paradiso, e si mangia sempre solo aringa fredda. Di là, che dovrebbe essere il contrario, se non mi sbaglio, ci si abbuffa a piú non posso».
L’angelo sorride imbarazzato, abbassa lo sguardo e dice: «Eh, lo so. Sa qual è il problema, rabbi. Che non vale la pena di cucinare per una persona sola…»

Le barzellette ebraiche, e meglio sarebbe dire storielle, parabole comiche o apologhi contengono sempre un di più, un’ulteriore possibile comprensione che le rende affascinanti anche a chi detesti il genere: non hanno niente insomma della comicità immediata e diretta dell’avanspettacolo condotto da un abile dicitore, né delle raccolte di editoria improvvisata legate a una categoria, a una situazione. E questo di più potrebbe essere anche motivo in qualche modo di presupponenza o di svisamento, se nascesse dal contesto di un patrimonio privato e inalienabile, come la certezza di appartenere a una minoranza intellettualmente elitaria e di comunicazione carbonara, come sembra indicare quel detto di lontana origine che asserisce che la barzelletta ebraica e quella cosa che gli ebrei conoscono già e gli altri non capiscono. Per fortuna, da Sigmund Freud a Woody Allen, da Groucho Marx a Moni Ovadia, la massima ha un’immediata smentita, anche se probabilmente contiene un suo germe di verità che nasce da una differenza. Che è soprattutto una provenienza: queste non sono barzellette sugli ebrei ma degli ebrei. Quindi non specchio deformante, irrisione più o meno benevola, sguardo altrui sul diverso o alieno di cui si colga subito il lato debole, ma la risata anche crudele e impietosa che spesso le persone intelligenti hanno nei confronti di se stesse; nella fattispecie una comicità che nasce da un sostrato comune, un patrimonio che la storia e le tradizioni hanno arricchito di personaggi, atmosfere e situazioni nate spesso dal disagio e dal dolore ma anche dalla spensieratezza o dal ritegno consapevolissimo di un legame, non razziale ma etico ed etnico e ancestrale; anche trascurando quello religioso.
Elena Loewenthal ha qui abbandonato (anche se solo apparentemente) la sua cultura giudaica, si è divertita a rovistare l’immensa materia dell’umorismo ebraico, eliminando quei settori «ortodossi» di difficile comprensione, privilegiando invece quel mondo che le vicende e la letteratura hanno rivelato a tutti, una realtà intrisa di molte sofferenze e gioie rare, ma anche di una grande volontà di sopravvivere. E se il riso non scoppia sempre irrefrenabile ma come meditato, questo forse nasce dalla consapevolezza non poco amara che quell’universo tanto raccontato non esiste più. (Piero Gelli)

«Caro Signor Dio, sei stato molto gentile a sceglierti gli ebrei cioè noi come popolo eletto, ma visto come stanno le cose, non è che potresti sceglierti ogni tanto anche qualcun altro, anche per poco tempo, così, giusto per cambiare.» (Tevye il Lattivendolo)

Elena Loewenthal (1960), dottore di ricerca in Ebraistica, lavora da anni sui testi della tradizione ebraica e traduce letteratura d’Israele. Firma sull’inserto culturale de Il Sole 24 Ore una rubrica di Judaica. Ha pubblicato fra il resto: Favole della tradizione ebraica (Arcana 1989 e 1995), Il libro di Eldad il Danita (fattoadarte 1993), Figli di Sara e Abramo. Viaggio fra gli ebrei d’Italia (Frassinelli 1995), e insieme a Giulio Busi Mistica ebraica.
Testi della tradizione segreta del giudaismo dal III al XVIII secolo (Einaudi 1995). Ha curato il primo volume dell’opera di Louis Ginzberg, Le leggende degli ebrei (Adelphi 1995) e l’edizione italiana dell’Atlante storico del popolo ebraico (Zanichelli 1995). Nel 1996 sono inoltre usciti Gli ebrei questi sconosciuti. Le parole per saperne di più (Baldini&Castoldi) e I bottoni del signor Montefiore e altre storie ebraiche (Einaudi Ragazzi).

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Al ristorante, in bottega, per via, dal dottore, insomma in società

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In terra e in cielo e anche a metà strada

La mamma: be’, questo è un discorso a parte

In fatto di soldi naso e altro, siamo i primi a riderci su

Il dialogo interconfessionale

Paradossi e assurdità

Tutto il mondo è paese …

Citazioni citabili

Ridere, per non piangere

L’aringa

Parolario

Bibliografia ragionata (ma non troppo)

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Argomenti: Ebraismo, Letteratura, Umorismo,

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