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Tra Sdegno e Passione – Il Documento della Tormentata Vita Intellettuale e Politica di Orwell

Tra Sdegno e Passione – Il Documento della Tormentata Vita Intellettuale e Politica di Orwell

Titolo originale: The Collected essays, journalism and letters of George Orwell.

Autore/i: Orwell George

Editore: Rizzoli

unica edizione, una scelta di saggi, articoli, lettere con prefazione e cura di Enzo Giacchino.

pp. 448, Milano

Questa «autobiografia», desunta da saggi, articoli e lettere di George Orwell, è il libro più vario e affascinante che egli abbia scritto, perché, pur nella sua saltuaria composizione, ha saputo integrare la rievocazione di una esistenza difficile con l’esame dei tempi in cui visse.
Fin dai primi capitoli più strettamente autobiografici («Giorni felici», «Rimorsi birmani»), lo scrittore esamina i ricordi da un’angolazione speciale, che mette in risalto lo stretto rapporto intercorrente tra difficoltà personali e mali sodali: lo snobismo classista che innesta la scuola corrompe tutta l’Inghilterra, le malefatte di un imperialismo senile e controproducente si riverberano sulla vita dei funzionari. Più decisamente impegnate le «Avventure tra i poveri», anche se appaiono troppo assillate da quel misterioso senso di colpa, che fu il suo perenne tormento.
La guerra civile spagnola interessa da vicino Orwell, che vi partecipa quel che basta per scoprire quanto sia giustificata la sua istintiva avversione per i pansy left, gli intellettuali vigliacchi e truffaldini, pronti ad ogni compromesso per salvare la pelle e, magari, far carriera.
Ormai tocca all’Inghilterra trovarsi in prima fila e affrontare la massiccia offensiva della barbarie nazista. Per non disperare, Orwell propone in «Il Leone e l’Unicorno» (non si sa con quanta fiducia) rimedi che potrebbero attenuare le più flagranti ingiustizie sociali e rendere meglio compatta l’Inghilterra, ma non si stupisce quando vede la vittoria militare risolversi in una pace fallimentare. Anzi condivide anche lui la diffusa opinione che la vecchia Europa borghese e nazionalista sta approssimandosi alla fine: non rimpiange l’Europa che scompare, paventa quella che pare stia per nascere.
Fin verso la fine della guerra i suoi libri non sono mai stati molto letti.
I pansy left erano riusciti a soffocare il suo capolavoro, lo splendido Omaggio alla Catalogna, e addirittura a precludergli per qualche tempo la collaborazione a giornali e riviste. Il clamoroso successo mondiale di La fattoria degli Animali e di 1984 lo rinfranca e gli permette finalmente di uscire dalle ristrettezze finanziarie. Ma la lunga miseria, un male che lo insidiava dall’infanzia, la vita vissuta senza risparmio esigono lo scotto. «Ultimi fogli» raccolgono alcuni documenti sulla lotta estrema contro la morte. Mentre inutilmente combatte e si ostina a sperare, tralascia di occuparsi di politica militante e preferisce indagare le origini della sua impersonale infelicità, scrivendo «Giorni felici», «Come muoiono i poveri», che sono fra i saggi più belli di questo volume.
Polemista violento, talvolta ingiusto o, almeno, troppo impulsivo, pronto ad avventarsi contro tutte le stoltezze, i compromessi, le viltà, Orwell s’impone per l’onestà dell’uomo, per questo stile brusco, disadorno, corsivo, che va diritto allo scopo, sa dire ciò che vuole e farsi capire da tutti. È uno stile moderno, autenticamente democratico, adatto al pamphlet politico, e ancor meglio alla narrazione impegnata. Quando, con il passare del tempo, certe polemiche avranno perso parte del loro interesse, le pagine autobiografiche non si lasceranno dimenticare e accosteranno il nome di George Orwell a quello di un suo grande maestro e predecessore, Samuel Butler.

Eric Arthur Blair (il futuro George Orwell) nasce nel 1903. Inizia nel 1927 pubblicando alcuni romanzi che non hanno molto successo; si fa conoscere con saggi, inchieste sociali. Ed è un’inchiesta sui minatori, occupati e disoccupati (La strada verso il molo di Wigan), pagatagli in anticipo, che gli permette di sposarsi. Solo lo strepitoso successo della Fattoria degli Animali (1945) e quello di 1984 (1949) gli daranno fama e agiatezza. Ormai troppo malato, ma sempre indomito, continua a lottare e a scrivere sino a quando non soccombe al male, spegnendosi, a 46 anni, nel gennaio 1950.

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