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Tacchino Farcito

Tacchino Farcito

Autore/i: Bruno Alda

Editore: Sellerio Editore

terza edizione, in copertina: Olio su tela di William Brooke, 1567, Longleat House, Wiltshire.

pp. 104, Palermo

Per raggiungere il gusto compiuto del tacchino farcito i Malaspina impiegarono quattro generazioni, nelle quali l’abitudine di sposarsi e risposarsi fra loro, se non portò un tocco di originalità negli inveterati valori – posizione prestigio famiglia -, immise una folata d’innovazioni se non altro nella pancia disossata del tacchino. Al principio del suo iter il tacchino, se pur farcito, non era ancora disossato; anzi più che farcito era – come dire? – incinto di un piccioncino in umido lasciato a metà cottura e poggiato su un nido di salsicce e formaggio pecorino. Farcito o gravido che fosse, veniva arrostito con tutte le ossa e arrivava in tavola con le cosce tese, le ali aperte e brustolite, la montatura del codrione tronfio delle penne a raggiera, le zampe mancanti dei soli artigli: una concreta animalità con la restante grazia – e meno male – di esser privo dell’orrenda testa che con tutta evidenza l’avrebbe fatto somigliare al nonno.

Alda Bruno – che ha scritto questa sua prima opera, un quadretto alla Woody Allen di un pranzo di Natale in famiglia, gossip e situazioni che si imbrogliano intorno al classico tacchino – vive tra Palermo e la campagna.

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