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Segno e Immagine

Segno e Immagine

Autore/i: Brandi Cesare

Editore: Il Saggiatore

prima edizione, l’unica illustrata.

pp. 200, 12 tavole a colori e 24 tavole in nero, Milano

La prima occasione di questo libro va cercata nella perplessità, diffusa tra la maggior parte del pubblico, sul valore da attribuirsi all’arte astratta in contrapposto all’arte figurativa del passato.
Partito da questa situazione attuale, il Brandi imposta una ricerca che esplori il problema in profondità e insieme si tenga immune da qualsiasi interpretazione di «gusto», sia nei confronti dell’arte antica che di quella moderna. Lo studio affonda pertanto le proprie radici nel momento aurorale della conoscenza, rifacendosi all’indagine sul linguaggio, già svolta dal Brandi nel dialogo Celso o della poesia.
Di qui passa a considerare i due momenti del segno e dell’immagine, assumendoli come origine di due linee evolutive diverse, la prima delle quali si caratterizza nella scrittura, l’altra nell’arte. Ma siccome le distinzioni non scorrono su letti storici rigorosamente divisi, il Brandi presenta l’interpretazione di alcuni tipici casi di interferenza o di sopraffazione del segno sull’immagine e viceversa, che danno luogo ai più inattesi capitoli di uno sviluppo avventuroso e affascinante.
Condotto così dall’arte preistorica e dal disegno infantile, passando attraverso l’arte egiziana, l’iconografia bizantina e il Manierismo, fino a raggiungere l’arte astratta e l’informale, il lettore si trova naturalmente preparato a orientarsi nella più problematica selva selvaggia della nostra civiltà. Nella quale, come nelle precedenti epoche via via illustrate, la collusione o la sopraffazione tra segno e immagine offrono il destro ad un preciso giudizio, sempre intimamente giustificato, sulla civiltà medesima.

Cesare Brandi è nato a Siena (1906), vive a Roma, viaggia quanto può e deve viaggiare uno storico dell’arte che abbia onestamente capito come non basti studiare le opere per procura. Siccome ha doti di poeta e di scrittore in proprio, dai suoi sopralluoghi di storico sa riportare resoconti anche di artista (Viaggio nella Grecia antica, 1954 – Città del Deserto, 1958). Ma le attività del Brandi, appunto perché numerose, vanno elencate in ordine. Egli dirige l’Istituto Centrale del Restauro, che ha contribuito a organizzare sin dalla fondazione. Notissimo ormai in tutto il mondo, l’Istituto ha assicurato la sopravvivenza e la autenticità stilistica di parecchi capolavori maggiori e minori: è nato in tempo per compiere alcuni fondamentali recuperi, dopo il passaggio della guerra. Dei problemi teorici e pratici posti da un tale lavoro, rende conto il “Bollettino”, la sola rivista tecnica del genere in Italia. Anche nella propria opera personale, il Brandi unisce l’esame diretto dei documenti artistici all’indagine teorica dei problemi estetici e metodologici. Nel primo campo, ha scritto una serie ormai cospicua di monografie e di studi complessivi che interessano l’intero corso dell’arte italiana rinascimentale e moderna, da Giovanni di Paolo, Duccio e i Quattrocentisti senesi a Rutilio Manetti e al Canaletto; dalla pittura riminese del Trecento al Tempio Malatestiano di Rimini, fino a Giorgio Morandi. Ma, arrivato ai contemporanei, lo storico italiano diventa di necessità un critico internazionale: vanno ricordati, in tal senso, i suoi saggi su Gauguin e su Picasso. Qui il Brandi è già alla confluenza con l’altra, e complementare, direzione del proprio lavoro. La rivista Immagine (che egli diresse tra il 1947 e il 1950) gli aveva dato occasione al saggio sulla Fine dell’Avanguardia. Dopo di che, col Carmine o della Pittura, egli ha iniziato un ciclo di dialoghi che, sotto il titolo di Elicona, viene componendo sulle varie arti. Sono già apparsi l’Arcadia, l’Eliante, il Celso, dedicati alla Scultura, all’Architettura e alla Poesia. Seguiranno quelli sulla Musica e sul Teatro. A Cesare Brandi è stato conferito nel 1959, dall’Accademia dei Lincei, il Premio Feltrinelli di Storia dell’Arte. Tre raccolte (Poesie, Voce sola, Elegie) riuniscono il meglio delle sue liriche fino al 1942.

Visualizza indice

I. Segno e immagine
II. Disegno infantile e raffigurazioni preistoriche
III. Perché la civiltà egiziana non divenne ecumenica
IV. Perché si formò un’iconografia bizantina
V. La sigla del manierismo
VI. Astrattismo e «Informel»
VI. Postilla come conclusione
Tavole
Elenco delle tavole
Indice analitico

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Argomenti: Arte, Iconografia, Simbolismo,

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