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Rivarol

Rivarol

Massime di un conservatore

Autore/i: Jünger Ernst

Editore: Ugo Guanda Editore

traduzione di Brunello Lotti e Marcello Monaldi.

pp. 136, Parma

Nato nel 1753, fuggiasco da Parigi nel 1792 («Dov’è il grand’uomo?» chiesero gli uomini del Terrore bussando alla sua porta «lo vogliamo accorciare un po’»), esule in Belgio fino al 1794, poi in Germania dove morì nel 1801 (consumato «tanto dall’incessante attività spirituale quanto dai piaceri», Antoine de Rivarol appartiene a pieno diritto alla folta e scintillante schiera dei moralisti francesi. Su Jünger, che lo ha tradotto in tedesco e ha curato questa scelta di massime, egli ha esercitato una forte attrazione, indicata dalla ricchezza e dall’originalità della sua personalità. Per Jünger, Rivarol è lo scrittore che in nome dei valori formali ha rischiato la frammentarietà, l’incompletezza, che ha costantemente perseguito la perfezione stilistica, toccandola spesso nella concisione delle sue massime, delle sue definizioni. E il dandy, capace però di scelte assolute, mai riducibili a una religione dell’apparenza. E, soprattutto, il «pensatore della conservazione» in un’epoca rivoluzionaria.
Nel lungo saggio che precede le Massime, Jünger si chiede che significato possa avere oggi «un autore morto da centocinquant’anni, che cercò di affrontare come singolo la Rivoluzione allo stato nascente, per il nostro tempo, cioè per un tempo in cui questa Rivoluzione si è consolidata». A tale quesito, lo scrittore risponde che l’attualità di Rivarol è nella struttura del suo pensiero.
«Tra i pensatori della conservazione Rivarol si distingue per la sua obiettività razionale. Per questo motivo la sua opera, non per le soluzioni ma per l’impianto del suo pensiero, offre stimoli a chiunque riflette su come vada formato un nuovo humus e creato qualcosa di permanente in una situazione di tabula rasa.» E aggiunge: «Egli resterà esemplare per l’intrepido e tuttavia ponderato atteggiamento con cui il singolo si contrappone alla corrente del tempo, che minaccia di tutto divorare e di cui solo pochi cuori e poche menti sono all’altezza». L’intransigenza morale, la chiarezza intrepida dello sguardo, lo spirito autenticamente conservatore, il senso profondo dello Stato, e insieme lo stile smagliante, la grazia suprema, la forza concentrata nell’espressione, la qualità inventiva, illuminante di una battuta: in queste massime, che si offrono all’intelligenza e al piacere del lettore di oggi, si rivela il «metallo puro» di uno scrittore.

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