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Relazione sullo Yucatán

Relazione sullo Yucatán

Prima versione italiana del più antico reportage sulla civiltà Maya, scritto nel 1566

Autore/i: de Landa Diego

Editore: Edizioni Paoline

prima edizione, versione integrale, introduzione, traduzione e note di Giorgio Silvini, titolo originale: Relación de las cosas de Yucatán.

pp. 288, numerose illustrazioni b/n, Roma

Una considerevole parte dell’interesse con cui il pubblico dei lettori si è rivolto in questi ultimi anni a temi di carattere storico ed archeologico è stata dedicata alle antiche culture dell’America precolombiana e, tra esse, in particolare a quella dei Maya, che più delle altre è divenuta popolare per la raffinatezza dell’espressione artistica e la monumentalità dei resti architettonici.
Sono infatti comparse numerose opere italiane e straniere, che hanno fornito con maggiore o minore dovizia di particolari un quadro generale sulla vita, i costumi, le istituzioni civili, politiche e religiose nonché sulle conquiste tecniche e scientifiche di questo popolo che, a quanto risulta, avrebbe fatto la sua comparsa sulla scena della storia qualche secolo prima della nostra èra. In dette pubblicazioni, tuttavia, non sempre è stato posto nel giusto rilievo il fatto che, in pratica, per tutto quanto sappiamo sui Maya cosi com’erano prima dell’arrivo in America degli europei, possiamo esser grati unicamente ad un francescano spagnolo a nome Diego de Landa che, intorno al 1566 e probabilmente al solo scopo di fornire una sorta di guida ad uso dei confratelli destinati ad evangelizzare quelle popolazioni, raccolse in un’opera, di cui purtroppo è andato perduto il manoscritto originale, tutte le notizie che potè trovare su di esse e ciò sia basandosi sulla sua personale esperienza sia sul racconto delle antiche usanze resogli da un notabile indio divenuto suo amico.
Da ciò l’estrema importanza del suo lavoro che fu intitolato Relación de las cosas de Yucatán e che, dal momento che riporta notizie di prima mano e non certo riesumate in polverosi archivi, ha sempre rivestito e riveste tuttora non solo il rilievo di una testimonianza storica attendibile ed unica ma anche quello fondamentale di base per qualsiasi ipotesi di scavo o di studio avente per oggetto la cultura dei Maya. La presente edizione della Relación, la prima in lingua italiana, si propone pertanto di offrire, anche al lettore di casa nostra come è già avvenuto per il pubblico spagnolo, francese e inglese, un’opera particolarmente significativa e di interesse generale che al pregio della veridicità unisce anche quello della vivacità dell’esposizione che la rende accessibile ed apprezzabile da parte di chiunque.

Diego de Landa, nato nella Vecchia Castiglia nel 1524, rampollo di una famiglia aristocratica di assoluta “limpieza”, fu chiamato a far parte del piccolo gruppo di francescani che fondarono il primo monastero cristiano nella penisola dello Yucatàn e che affrontarono il non facile problema di iniziare l’evangelizzazione del popolo dei Maya, ossia di una stirpe che, come del resto le altre dell’America Centrale, aveva sempre dimostrato un attaccamento fortissimo alla sua tradizione religiosa.
Quivi diede innumerevoli prove di moderazione, di completa carità e di totale disinteresse, ma per potersi ergere efficacemente a difensore dei più elementari diritti umani degli indios dovette scontrarsi con la prepotenza di altri spagnoli, ossia di coloro che, avendo conquistato la regione con grave rischio personale, ne erano poi divenuti i padroni incontrastati.
Richiamato in Spagna a difendersi da un’accusa di abuso di autorità del tutto infondata, durante il suo soggiorno in patria scrisse la Relación de las cosas de Yucatán, in attesa di vedere trionfare il suo buon diritto; così infatti avvenne, sia pure in tempi piuttosto lunghi, e Diego de Landa potè non solo ottenere giustizia ma anche il doveroso riconoscimento dell’opera svolta, divenendo vescovo della regione che l’aveva visto operare seguendo l’esempio del santo di Assisi.
Nominato titolare della diocesi di Mérida nel 1572, egli riprese a dedicarsi al suo apostolato a favore degli indios prodigandosi con ogni mezzo finché la morte lo colse il 29 aprile 1579.

Giorgio Silvini, nato a Trieste nel 1937 e laureato presso la locale università in Scienze politiche, si dedica da oltre vent’anni a studi e ricerche storiche con particolare riferimento al periodo rinascimentale ed alle vicende della repubblica di Venezia.
Ha sinora pubblicato vari articoli e due saggi di considerevole mole intitolati rispettivamente La fine del dominio veneto nel Levante mediterraneo, uscito nel 1977, e Venezia e Portogallo sulla via delle spezie (1498-1517), di recentissima pubblicazione.

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