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Psicologia e Alchimia

Psicologia e Alchimia

Autore/i: Jung Carl Gustav

Editore: Bollati Boringhieri Editore

presentazione di Luigi Aurigemma, prefazione dell’autore, traduzione italiana di Roberto Bazlen, interamente riveduta da Lisa Baruffi.

pp. XV-552, con 14 tavole a colori f.t., 271 illustrazioni in b/n, tela e sovracoperta illustrata

L’interesse di Carl G. Jung per l’alchimia prende corpo alla fine degli anni venti, quando il sinologo Richard Wilhelm gli invia da Pechino un testo taoista, Il segreto del fiore d’oro, con la richiesta di un commento. Jung ne afferra subito il carattere in pari tempo psicologico e alchimistico, scoprendo singolari affinità tra gli antichi simboli cinesi e i sogni dei suoi pazienti. Da alloro prende a studiare sistematicamente i testi alchimistici, e la lettura conferma le intuizioni originali. Dopo quindici anni di lavoro, Jung pubblica nel 1944 il volume che qui presentiamo, e che resta uno dei suoi testi più affascinanti.
Sonetto dalla sua sensibilità storica e dalla sua vastissima erudizione, Jung ravvede nel complesso fenomeno dell’alchimia la millenaria presenza di motivi psichici essenziali: un mondo simbolico assai più ricco di insegnamenti di quanto lasci supporre la sua riduzione a semplice balbettamento pre-scientifico. Non soltanto: la tradizione alchimistica e la pratica analitica sembrano avere una comune natura di opus: mirano entrambe a creare una realtà nuova e superiore: da una parte l’oro, la pietra filosofale, dall’altra la “presa di coscienza” della psicologia moderna.
L’alchimia sarebbe in sostanza espressione di un movimento religioso, |a pulsione a trasformare la “materia prima” dell’esperienza in conoscenza.
Arte sacra e solitaria concessa a pochi, uniforme soltanto nel perseguire un fine di liberazione, l’alchimia è un progetto di redenzione dell’intera natura, vuole riportare alla luce il lato divino che dorme nell’oscurità delle cose, del corpo, degli istinti.
Per Jung questo perseguimento di un valore interiore e un fenomeno psicologico di notevole importanza, una pulsione che egli ha chiamato l’archetipo dell’individuazione, ricerca dell’unità che si realizza attraverso la conciliazione dei contrari. L’alchimia è dunque una psicologia che non dice il suo nome, una psicologia in azione, qualcosa di affine alla moderna psicoterapia.
Jung allarga poi la sua indagine alla saggezza orientale, riscontrando nelle figurazioni dei mandalo, strutturati come quadratura del cerchio, una identica aspirazione a una meta liberatoria, alla coincidenza degli opposti.
Pur appartenendo a epoche storiche e a luoghi diversissimi, esistono comportamenti ed esperienze culturali che hanno una radice comune. “Quel che a Jung sembra importare maggiormente – scrive Luigi Aurigemma nella sua presentazione – è il dimostrare che le sue «scoperte» scientifiche sono in realtà il ritrovamento di antichissime e universali esperienze, che per questo appunto egli definisce archetipiche.”

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