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Piazze e Fontane di Napoli

Piazze e Fontane di Napoli

Autore/i: De Filippis Felice

Editore: Azienda Autonoma di Soggiorno Cura e Turismo

pp. 76, 26 tavole b/n f.t., Napoli

Come per i suoi giardini, Napoli fino al Settecento, era famosa per le sue cento fontane. Purtroppo di alcune resta solo il ricordo: distrutta la fontana degli Specchi dinnanzi a Castelnuovo «fatta in modo che l’acqua scendeva per cinque gradini in forma di cascata a guisa di specchi» ; distrutta la fontana della Scapillata, costruita da Giovanni da Nola nel 1541 «copiosa d’acque che entravano per più cannoni, con un meraviglioso scoglio che in mezzo si vedeva dal quale usciva in tanta abbondanza e con tanto artifizio l’acqua che formava come un grande padiglione» ; distrutte le fontane di S. Pietro Martire, delle Crocelle, della Loggia dei Genovesi, del Fondaco Stufa, della Conchiglia, dei Serpi e tante altre che testimoniavano la magnificenza secolare di una città il cui carattere non era dato soltanto dai lazzaroni e dai pezzenti che oziavano nelle strade, nei vicoli e nei fondaci senza sole e senz’aria. Queste antiche fontane oggi scomparse – come quelle, per fortuna, ancora vive – accompagnarono con le loro voci argentine e garrule le vicende ora liete ora tristi della vita di Napoli: cullarono i sogni ambiziosi e i clandestini amori di qualche terribile viceré; cantarono inni di vittoria e di ringraziamento sulla città seicentesca che i rapaci ufficiali del governo spagnuolo abbacinavano con lo sfarzo dei cortei e delle parate; mischiarono il loro gorgoglio leggero ed arguto alle mascherate, alle follie di carnevale di nobili e popolani come al grido sedizioso della plebe in rivolta che avanzava minacciosa sulle strade deserte della città impaurita; piansero durante il periodo terribile delle reazioni quando martiri e patrioti attraversavano le vie tra gli sgherri per salire sul patibolo o sulla nave che doveva condurli fra le mura di una tetra prigione; emisero l’ultimo lamento quando col primo colpo di piccone furono sacrificate alla Pubblica Utilità, regina dei nostri tempi.
Ricordarne alcune delle più celebri può forse essere un richiamo, un patetico risveglio dell’eco di un passato che pur venendo da cose morte ci giunge come la lontana e flebile voce di un disteso canto che è il canto più vero della città di Napoli.

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