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Sono Stato Imperatore

L'Autobiografia dell'ultimo sovrano della Cina

di
Editore: Bompiani
Prezzo: € 35,00

Informazioni: prima edizione, prefazione e cura di Francesco Saba Sardi. - pp. 288, nn. fotografie b/n f.t., Milano
Stampato: 1987-01-01
Codice: 500000003147

Sono stato imperatore è l'amara, atroce confessione di un uomo, Aisin-Gioro Pu Yi, ultimo sovrano della Cina ed estremo erede della dinastia Ching.
Era salito sul trono della Città Proibita nel 1908, all'età di soli due anni. Tre volte aveva perduto il trono, due volte vi era stato rimesso, sullo sfondo di un'epoca gravida di nuvole tempestose, quella dei signori della guerra e delle invasioni straniere. Nel 1934 i giapponesi, che avevano occupato gran parte della Cina, ne fecero il sovrano fantoccio dell'impero del Manchukuo. Catturato dai sovietici, venne deportato nell'URSS e nel 1949 consegnato alle autorità della Cina popolare. Chiuso in un carcere speciale insieme con altri collaborazionisti e con il suo maggiordomo, innocente ma fedele servitore anche in quella circostanza, fu sottoposto a un processo di “rieducazione” basato sul metodo dell'autocritica sistematica. Ne uscì dopo dieci anni, e nel 1962 portò a compimento questa sua autobiografia, pubblicata lo stesso anno in cinese e nel 1964 in edizione inglese.
È un documento straziante, senza equivalenti almeno nel panorama letterario moderno. Pu Yi, uomo debole e imperatore per burla, investito di poteri e di responsabilità che era incapace di reggere, dopo essersi prestato a coprire i massacri e le depredazioni dei giapponesi, si è prestato anche a “convertirsi”, ed è uscito dal carcere nel 1959, utile simulacro, dimostrazione vivente della “superiorità” e “bontà” del regime comunista. Sul trono della Cina sedeva adesso il nuovo “imperatore” Mao Tse-tung, e i rapporti con l'URSS potevano ancora sembrare idillici, come idillica è la visione del comunismo cinese e internazionale fornita da Pu Yi: un'immagine tutta luci, senza nessuna ombra, e Pu Yi si dichiara finalmente felice, finalmente “libero”, finalmente “un vero uomo”, ora che è in grado - ha imparato a lavorare in carcere - di mantenersi da solo, di “contribuire alla costruzione del socialismo”. Questa patetica figura di Pinocchio orientale diventato un bravo bambino sarà travolta nel 1966 dalla rivoluzione culturale, quando la storia di nuovo cambierà e tutto quello che l'ex imperatore ha imparato in carcere non servirà a nulla di fronte ai ragazzi col libretto rosso, che lo assaliranno, sbeffeggeranno, picchieranno. Morirà un anno dopo, probabilmente senza aver capito nulla, emblema forse di una condizione umana universale.
Questo è un libro affascinante e quanto mai istruttivo: non soltanto per le vicende che narra, per il quadro che fornisce della vita nella reggia ancora medievale della Città Proibita con i suoi eunuchi, le stravaganti cerimonie, la vita chiusa in un bozzolo dorato e soffocante, ma anche e soprattutto perché permette di toccare con mano la realtà del potere, la grande favola di cui Pu Yi è stato il protagonista e la vittima. Come ogni favola,°anche questa contiene una morale: sì, il potere è implacabile, e implacabilmente ha saputo, in ogni sua versione - monarchica, repubblicana, nipponica, comunista - servirsi dell'imbelle Pu Yi, diventato, da uomo “libero”, giardiniere e poi storico ufficiale del comunismo cinese, suo esaltato propagandista, e rimasto sempre un personaggio fuori della vita, costretto a recitare su un palcoscenico troppo grande per lui. (Francesco Saba Sardi)

Il volume è disponibile in copia unica

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Argomenti: Biografie, Cina, Storia,

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