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La Gente che Perdé Ierusalemme

Cronache dal Medio Oriente

di
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
Informazioni: unica edizione, prefazione dell'autore. - pp. 152, Milano
Stampato: 1967-10-01
Codice: 500000005974

La guerra ci rende invisibili i luoghi. Riusciamo a immaginare un fiordo norvegese o un atollo del Pacifico; non riusciamo a immaginare una risaia vietnamita.
Al lacerto di paesaggio che per un istante avevamo evocato si sovrappongono gesti convulsi che lo contaminano o finiscono per cancellarlo; l'intero spazio viene occupato, come negli antichi quadri di battaglie, dallo spettacolo gremito, monotono e furioso della violenza umana. Il viaggio nel Medio Oriente, di cui Guido Piovene riferisce in questo volume, si svolse, non per progetto dell'autore ma per l'arbitrio delle circostanze, in quel margine ambiguo che separa la visibilità dall'invisibilità; o, in altre parole, la guerra dalla pace. Doveva essere un itinerario turistico in una terra che conserva vestigia di un passato antichissimo, per luoghi i cui nomi bastano ad accendere pensieri o fantasticherie: Gerusalemme e Damasco, Petra e Aleppo... Tuttavia mentre si aggirava per gli screziati mercati d'Oriente e tra le pietre delle città morte, Piovene incominciò ad avvertire la pressione importuna, sgarbata e sempre più netta, di una realtà diversa. Erano i giorni che precedettero lo scoppio del conflitto arabo-israeliano, e le parole si facevano via via sempre più gonfie di un odio che le classi dirigenti arabe sembravano freddamente alimentare: ricattato dall'attualità, l'interesse slittava dalla flânerie, dal vagabondaggio umanistico verso zone più problematiche, finendo col rendere la stessa condizione del turista irrimediabilmente frivola.
La gente che perdé Ierusalemme nacque, a viaggio finito, dall'esigenza di cedere a quel ricatto, e insieme dalla volontà di contestarlo. In altre parole: Piovene, pur scrivendo sotto il fiato caldo degli avvenimenti, si rifiutò di concentrare il suo interesse sui dati immediati; non volle rendere invisibile il paesaggio e il tessuto concreto della vita degli uomini occupando tutto lo spazio con un «quadro di battaglia». Volle anzi rispettare quella che era l'indole iniziale del viaggio, e cioè la scoperta di un paese composito e affascinante, della sua gente, delle sue città, dei suoi colori, delle sue pietre. Ne è venuta fuori un'opera che oscilla, curiosamente ma vitalmente, tra la «guida» per il viaggiatore colto e di gusti sottili, e il pamphlet politico; un'nterpretazione apparentemente divagante, in realtà compattissima, del mondo mediorientale, nella linea degli altri grandi reportages pioveniani, ma con qualcosa di diverso per quella luce talvolta diretta, per lo più trasversale, radente, che getta su fatti e problemi attualissimi.

Guido Piovene è nato a Vicenza nel 1907. Dopo essersi laureato in filosofia all'Università di Milano alternò l'attività letteraria all'attività giornalistica. Come narratore si impose all'attenzione del pubblico e della critica con Lettere di una novizia (1941), il cui successo oggi perdura. Seguirono La gazzetta nera (1943), Pietà contro pietà (1946), e I falsi redentori (1949).
La sua opera saggistica è diffusa in un gran numero di giornali e riviste italiani e stranieri e attende di essere selezionata e raccolta. Nel dopoguerra Piovene si dedicò soprattutto ai viaggi, indagando fatti e avvenimenti in modo da raggiungere il ritratto psicologico, politico, artistico dei popoli visitati.
Questo lavoro in parte rimane ancora sparso, come gli scritti sulla Polonia, sulla Bulgaria, sull'Unione Sovietica, sull'America Latina, in parte è sfociato in grossi libri, come De America (1953) e soprattutto Viaggio in Italia (1957), che ebbe una grande risonanza e che è stato recentemente ripubblicato in edizione economica. Dopo la lunga parentesi quasi esclusivamente giornalistica, cui si collega comunque la raccolta di saggi e interventi La coda di paglia (1962), Piovene è tornato con Le Furie (1963) a quella che è sempre stata la sua vera vocazione, la narrativa, e su questa via proseguirà nei suoi prossimi lavori, dopo la parentesi di Madame la France (1966) e di La gente che perdé Ierusalemme (1967).

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