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Le Stanze del Cammino di Mezzo

(Madhyamaka kārikā)

di
Editore: Bollati Boringhieri Editore
Informazioni: prefazione, introduzione, traduzione e note di Raniero Gnoli. - pp. 196, Torino
Stampato: 1968-01-01
Codice: 500000003054

Dalla prefazione di Raniero Gnoli:
«Le Stanze del Cammino di Mezzo (Madhyamaka Kārikā) sono un'opera ben conosciuta e l'unico mio merito, con questa traduzione, è quello di aver raccolto per la prima volta in un solo volume le strofe isolate di Nāgārjuna. Nonostante infatti tutti i capitoli di quest'opera si possano vedere ora tradotti in lingue moderne per opera di scienziati di diversi paesi, editi in articoli o pubblicati in volumi a sé stanti (vedi la notizia seguente), le stanze isolate di Nāgārjuna non erano fino adesso mai state raccolte insieme, se si eccettua la traduzione di esse dalla versione tibetana e cinese, insieme col commento Akutobhaya, fatta in tedesco dal Walleser nel 1911 e nel 1912, prima ancora, cioè, che si pubblicasse di quest'opera il testo sanscrito. Quanto alla traduzione non ho molto da dire. II testo su cui mi sono basato è quello del La Vallée Poussin (occasionalmente controllato su di un manoscritto della Prasanna Pada, prestatomi da G. Tucci, e sulla versione tibetana) da cui solo due o tre volte mi sono scostato. Nelle note mi sono attenuto all'essenzialismo, in conformità coi caratteri di questa serie. Alcuni punti della dottrina buddhistica, indispensabili per l'intelligenza del testo sono stati esposti nel Glossario in fondo al volume, anche per alleggerire le note. Alle "Stanze del cammino di mezzo" ho aggiunto la traduzione della Vigraha Vyavartani, o "Sterminatrice dei dissensi". In fondo il lettore può vedere tradotte le cosiddette "Quattro laudi" di Nāgārjuna. Un ringraziamento particolare va al professor É. Lamotte, che ha avuto la cortesia di farmi parte della sua opinione su alcune stanze del difficile Acintyastara, e al dottor Paolo Daffinà per aver voluto rivedere la traduzione dell'iscrizione cinese citata a pagina 34. Inutile qui dire quanto debbo non solo alle traduzioni parziali delle Madhyamaka Kārikā insieme col commento di Candrakirti per opera dello Stcherbatsky, dello Schayer, del Lamotte, del De Jong e del May, ma anche a quanti come Edward Conze, Étienne Lamotte e Giuseppe Tucci hanno dedicato il loro tempo e le loro forze allo studio di uno dei momenti ed esperienze più interessanti e feconde dello spirito umano. E ringrazio anche chi, nella presenza e nell'assenza, col silenzio e colla parola, mi ha sempre accompagnato durante questi anni.[...]»

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