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Libri Profetici

Libri Profetici

Autore/i: Blake William

Editore: Ugo Guanda Editore

introduzione, traduzione, note e cura di Roberto Sanesi, in copertina: William Blake, Adam naming the Beasts, 1810.

pp. XXXI-220, nn. illustrazioni b/n, Milano

«La Natura della mia Opera e Visionaria e Immaginativa», scrisse William Blake. E ancora: «Un Profeta è un Visionario, non un Dittatore Arbitrario».
Per questo nei complessi e «oscuri» poemetti di Lambeth, così fortemente toccati da una fascinazione gotica pur restando ancorati alle strutture del neo-classicismo (come la pittura di Blake testimonia), ciò che traspare immediatamente è la messa in crisi della tendenza ordinatrice e normativa della ragione, e nel polemico rovesciamento degli stessi termini etici di Bene e Male il ricorso a un serrato processo dialettico. «La stessa Legge per il Leone & per il Bue è Oppressione». Il senso dell’atteggiamento profetico risulta chiaro anche dalla complementarità degli aspetti visivi e fonici che i poemetti esibiscono, dall’accentuazione retorica delle parole come delle figure, dalla costruzione di una mitologia privata – e tuttavia Blake sembra rifiutare sempre di assumere su di sé un ruolo da oracolo totalmente irrazionale. I suoi modi non si associano né a quelli del profeta biblico né a quelli della Sibilla. Nel tentativo di interpretare il destino dell’uomo egli legge il passato secondo archetipi, ma lo interessa il presente. Il raccordo è con la realtà dei fatti. Si può pensare a uno dei frammenti postumi di Nietzsche: «come uno spirito d’uccello profetico, che guarda all’indietro quando racconta ciò che verrà». Malgrado al di là degli effetti temporali egli intraveda e restituisca soprattutto le cause spirituali di un profondo malessere dell’individuo e della società, fece coincidere apocalisse e rivoluzione: fu un giacobino.
Malgrado i suoi testi di riferimento siano la Bibbia e la Cabbala, Swedemborg, Boehme, gli studi esoterici, e quindi la sua visione eterodossa rispetto a quella che caratterizzava ufficialmente il suo tempo, Blake intese perfettamente che «le oscure fabbriche di Satana» del paesaggio industriale contemporaneo erano costruite a immagine di una filosofia meccanicistica di cui erano il prodotto, e fu nel suo giudizio più «illuminato» di qualche troppo rigoroso illuminista. L’acceso e tortuoso simbolismo dei «libri profetici», pazientemente composti a mano negli anni più difficili della Rivoluzione francese, mitizza con drammatica foga neo-romantica ma anche con lucidissima intuizione critica problemi ancora vivi e irrisolti. Questa prima traduzione italiana si associa a quella ormai famosa di Giuseppe Ungaretti, attenta soprattutto al corpus blakiano giovanile e lirico, e la completa utilmente per la comprensione di uno dei poeti più eccentrici e controversi della storia della letteratura inglese.

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