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Le Luci della Sapienza

Le Luci della Sapienza

Titoli originali: Munqidh min al-ḍalāl – Mishkāt al-anwār

Autore/i: Al-Ghazālī

Editore: Se

cura e postfazione di Massimo Campanini, in copertina «illustrazione del Corano» particolare XVII secolo.

pp. 176, Milano

«Mi hai chiesto, o fratello onorato […], di spiegarti i misteri delle luci divine e, allo stesso tempo, ciò cui alludono le espressioni letterali dei versetti rivelati e delle tradizioni profeti che tramandate. Per esempio, il detto dell’Altissimo: “Dio è la Luce dei cieli e della Terra, e la sua Luce somiglia a una nicchia in cui è contenuta una lampada, a sua volta contenuta in un’ampolla di cristallo, che è come una stella brillante; e la lampada brucia dell’olio di un albero benedetto, un ulivo né orientale né occidentale, che arde quasi come se non lo toccasse fuoco. È Luce su Luce e Dio guida alla sua Luce chi vuole”. Mi chiedi quale sia il significato allegorico sotteso alla nicchia, all’ampolla di cristallo, alla lampada, all’olio e all’albero. Vi è anche la tradizione del Profeta che dice: “Dio è celato da settantamila veli di luce e di tenebra, e se li si rimuovesse, il suo Volto sublime brucerebbe tutto ciò che lo raggiungesse con lo sguardo”.
Con questa domanda ti innalzi ad altitudini vertiginose, alle quali può pervenire soltanto l’occhio acuto dei dotati di vista interiore. Bussi a una porta serrata che si apre solo per i dotti ben fondati nella scienza. Inoltre, non ogni mistero può essere acclarato e svelato, non ogni verità propalata e resa pubblica, perché anzi il petto dei puri è la tomba dei segreti. […] Siccome sono numerosissimi coloro che si ingannano sulle cose di Dio, è necessario preservare i segreti tenendoli ben celati.
Tuttavia vedo che il tuo cuore è stato aperto alla luce e il tuo intimo sottratto alle tenebre dell’ignoranza. Per cui non sarò avaro con te di indicazioni riguardo a quei fugaci balenii, a quei simboli e allusioni che conducono alle verità più sottili e profonde. Tenere all’oscuro chi merita di perseguire la scienza non è meno iniquo che comunicarla a chi ne è indegno».

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