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Laozi – Genesi del “Daodejing”

Laozi – Genesi del “Daodejing”

La versione critica più attendibile del Daodejing, il Classico della Via e della Virtù, finora noto come Tao-te Ching.

Autore/i: Anonimo

Editore: Giulio Einaudi Editore

a cura di Attilio Andreini, saggio introduttivo di Maurizio Scarpari, traduzione di Attilio Andreini, collana: Biblioteca Einaudi n° 192 – Filosofia.

pp. XLIV-258, illustrazioni b/n, Torino

Perchè tanto interesse per un libro che supera appena le cinquemila parole? Ebbene, il Laozi (Vecchio Maestro), secondo solo alla Bibbia per numero di traduzioni è una delle opere più importanti prodotte dall’umanità, vantando quasi un migliaio di commentari e una letteratura critica sconfinata. La sua influenza in Cina, in Asia Orientale e in Occidente è stata, ed è ancora oggi, immensa. Nonostante la brevità, il Laozi ha svolto un ruolo di primissimo piano nello sviluppo del pensiero e della cultura cinese ed è considerato da sempre il testo canonico del Daoismo. Noto ai più come Daodejing (Classico della Via e della Virtù o Classico della Via e della sua Potenza), questa gemma assoluta della letteratura di tutti i tempi si libra in una lingua asciutta e parca, che tuttavia esplode con una potenza evocativa senza pari, fino ad accarezzare le profondità abissali dell’origine del cosmo e illuminare d’incanto l’arcano assoluto, il Dao, “la Via” (il principio eterno e ineffabile che regola l’intero cosmo e da cui traggono origine il mondo e le creature tutte), che si manifesta nel mondo nella forma di De, “Virtù” o “Potenza”.
Ma perchè aggiungere un’ulteriore traduzione alle numerose già esistenti? Almeno per due motivi. Appare oggi chiaro come il Laozi appartenga a un genere letterario specifico, definibile poesia sapienzale daoista, e la presente traduzione rispetta finalmente il tono aulico e la struttura poetica che caratterizzarono l’opera. Inoltre grazie a una serie di fortunati ritrovamenti archeologici, il Laozi si trova oggi al centro di una fervida attività di studio e di rilettura della sua genesi testuale e dottrinale. I codici manoscritti di Mawangdui (200 circa a.C.) e di Guodian (300 circa a.C.) riportati recentemente alla luce aprono nuove prospettive nello studio di questa opera, presentandoci il Laozi nella sua fase “embrionale”, in una forma “fluida” e “viva”, ben diversa da quella finora conosciuta. Ciò conferma che il Laozi, così come tramandato per oltre due millenni, rappresenta il risultato di un lungo processo d’elaborazione e sintesi che ebbe inizio nel IV, forse nel V secolo a.C., condotto da generazioni di cultori delle “tecniche del Dao“. La presente traduzione è stata condotta tenendo conto di queste nuove, fondamentali acquisizioni.

Attilio Andreini, docente di Sinologia, lavora presso il Dipartimento di Studi sull’Asia Orientale dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. È autore di studi sul pensiero cinese antico, sull’epigrafia cinese e sulla natura dei codici manoscritti cinesi del periodo preimperiale.

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Saggio introduttivo di Maurizio Scarpari

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