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La Mala Italia

La Mala Italia

Storie nere di fine secolo

Autore/i: Autori vari

Editore: Rizzoli

prima edizione, prefazione di Leonardo Sciascia, introduzione e cura di Ernesto Ferrero.

pp. XIV-272, Milano

Negli ultimi decenni dell’Ottocento, e sino alla Grande Guerra, fiorì in Italia un singolare genere di produzione pubblicistica. Giornalisti e scrittori mossi da una commozione umanitaria, sociologi, psichiatri e criminologi in vena di ricerche sul campo di grandi costruzioni teoriche, ma già pronti a sfruttare il morboso interesse dei lettori per il “forte” e il proibito, presero a raccontare le loro indagini su quei vasti strati proletari e sotto proletari che alimentavano fosche leggende di banditismo, camorra, mafia, prostituzione e delinquenza urbana.
L’intento scientifico e sociologico finì per scoppiar presto tra le mani degli autori, cedendo il posto ad una inconsapevole e ingorda vocazione narrativa. Il feuilleton italiano, che sino ad allora aveva avuto cultori modesti, trovò in loro gli artefici di una via italiana ai Misteri di Parigi.
Come dice Ferrero nell’introduzione, nasceva un nuovo genere letterario: le favole-verità per adulti, un autentico Grimm della mala, che rispondeva ad un’intima necessità degli utenti: il duplice, antichissimo desiderio di essere spaventati e al tempo stesso rassicurati.
Spaventati da un ben enfatizzato catalogo di omicidi, ruberie, grassazioni, sullo sfondo “esotico” dei bassifondi e con la partecipazione di comparse “folk” (i giovani disperati della “scopola”, i picciotti lesti di coltello, gli omosessuali uniti in matrimonio); e rassicurati dalle spiegazioni “scientifiche” sui criminali nati e d’occasione, e dalla conferma della giustezza del ruolo sociale di garanti dell’ordine che erano chiamati a svolgere.
Come accorti registi, questi scrittori (da Paolo Valera a Cesare Lombroso – il Buster Keaton del delitto – e ai suoi allievi) ambientano le loro storie in “esterni” di sicuro effetto: le viuzze milanesi intorno alla Locanda Berrini, il vecchio ghetto di firenze, i vicoli napoletani in cui si recita ininterrottamente l’happening del duello, dello sfregio e dell’estorsione organizzata. Oppure in “interni” di non minore suggestione: le carceri, i bordelli per i poveri, le camerate dei dormitori pubblici.
Già autore di un fortunato dizionario dei gerghi della malavita, Ernesto Ferrero ha riunito in. questo volume i testi più vivaci di questo filone “letterario”, che rivela con drammatica evidenza il volto di un’altra Italia, la mia Italia, quella della degradazione urbana, praticamente ignorata dalla narrativa “ufficiale”, come ricorda Leonardo Sciacia nella sua prefazione.
Ne è uscito un documento prezioso per illuminare gli aspetti meno conosciuti del costume italiano a cavallo del secolo; ma questa serie di drammatiche testimonianze “nere” si può leggere anche come un “giallo” che tramanda sino a noi le immagini e i nodi di problemi antichi e non ancora risolti.

Ernesto Ferrero è nato nel 1938 a Torino, dove vive e lavora per una casa editrice. È autore di un volume sui Gerghi della malavita dal ’500 a oggi (Mondadori, 1972; Premio Viareggio per la saggistica opera prima) e di una monografia su Carlo Emilio Gadda (Mursia, 1972). Sta attualmente lavorando ad un saggio biografico su Gilles de Rais.

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