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La Guerra Contro Giugurta

La Guerra Contro Giugurta

Autore/i: Sallustio Crispo

Editore: Rusconi

prima edizione, introduzione, note, appendice, indici, bibliografia a cura di Nicola Criniti, traduzione di Enrico Meroni.

pp. 256, nn. tavv. b/n f.t., Milano

C. Sallustio Crispo nacque nell’86 a.C. ad Amiternum nella Sabina (oggi, San Vittorino nell’Abruzzo), da ricca famiglia plebea, nell’età tormentata e confusa delle guerre civili. Di sicura fede democratica, era – con atteggiamento caratteristico del nuovo ceto dei possidenti – avverso sia al gretto conservatorismo degli ottimati, sia al parassitismo delle masse urbane: seguace, ma non cieco partigiano di C. Giulio Cesare, a lui dovette tutta la sua fortuna politica. Espulso nel 50 dal senato per la sua accesa politica filodemocratica (e per immoralità), veniva riammesso l’anno seguente grazie ai buoni uffici dell’amico e protettore Cesare. Non particolarmente dotato sul piano militare, mostrò invece – come tanti altri contemporanei – una spiccata predisposizione all’estorsione durante il suo governo della nuova provincia numidica dell’Africa Nova. Salvato un’altra volta da Cesare da un’accusa di malversazione e da una nuova espulsione dal senato (44), fu costretto a vita privata, con grande vantaggio per l’umanità, che così ebbe uno dei suoi storici più significativi. Nei suoi splendidi Horti Sallustiani, tra il Quirinale e il Pincio, Sallustio poteva infatti dedicarsi agli studi storici, per scrivere nel decennio seguente La Congiura di Catilina (42), La Guerra contro Giugurta (40) e le incomplete Storie, cui lavorò Eno alla morte, nel 35 circa.

La Guerra contro Giugurta, la seconda monografia sallustiana, scritta attorno al 40, è ispirata alla lunga e sanguinosa guerra combattuta in Africa settentrionale tra Roma e la Numidia nel 112-105.
Alla luce dei gravi mutamenti contemporanei della politica interna ed estera dell’urbe, grandeggia la figura singolare di Giugurta, audace e spregiudicato capo numida, che tenta abilmente di comperare, se non la sua vittoria, almeno i suoi avversari, in una avida ed intrigante Roma ottimate, dove sembra sia solo questione di prezzo: e intorno a lui si muove una pittoresca serie di personaggi grandi e secondari, fra tutti l’homo novus democratico C. Mario, antitesi per eccellenza dell’ambigua politica aristocratica e dell’ideologia ferreamente conservatrice dei ceti dominanti. Il significato del conflitto – al di là dei più immediati connotati d’espansionismo imperialistico – risulta alla fine ancor più profondo per le forze nuove che suscita all’interno della res publica, sollevando discordie e contrasti violenti premonitori delle guerre civili del I secolo a.C. Non è certo estranea, pure in quest’operetta sallustiana (così suggestiva per la personale conoscenza dei luoghi), la pessimistica, e quasi auto – biografica, svalutazione della vita politica romana, laddove prevalgono e sono gratificati gli ambiziosi più cinici, e violenza e cupidigia sono padrone e misure delle cose.

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