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La Critica Sociologica

La Critica Sociologica

Rivista trimestrale N. 50

Autore/i: Autori vari

Editore: Tipografia Rondoni

introduzione di Franco Ferrarotti.

pp. 296, Roma

Dall’introduzione:

« Accade sempre più spesso di leggere sociologi dell’economia che scrivono da economisti e sociologi della letteratura che scrivono e pensano come critici letterari tradizionali frettolosamente e sommariamente aggiornati mercé un’appendice di comodo che dice tutto e nulla: l’aggettivo «sociale». Forse che la sociologia soffre di una connotazione specifica, cioè di una sua fisionomia, debole, troppo labile o non sufficientemente marcata rispetto ad altre discipline? Può darsi che queste discipline, come l’economia, il diritto, la storia, ecc., le quali possono contare su tradizioni illustri, non avvertano altrettanto acutamente il problema d’una crisi di identità. Il loro illustre passato fa tuttavia pensare all’albatros baudelairiano, le cui ali da gigante gli impediscono di camminare.
Da questo punto di vista la sociologia appare avvantaggiata. Ciò di cui essa soffre non è dovuto alla «giovane età», come spesso si dice con insopportabile condiscendenza. È in primo luogo da attribuirsi ad altre cause. Sembra che sia mancato il momento della cumulazione. Voglio dire che non è solo la mancanza di tradizione. Questa mancanza può riuscire vantaggiosa. Anche per le scienze vale forse il principio di Veblen circa la «penalty of taking the lead». Non è dunque solo la mancanza di tradizione dovuta, secondo l’opinione comune e ormai volgarizzata, al carattere relativamente recente della disciplina. Nel caso della sociologia occorre riconoscere che sono venuti meno i punti di riferimento essenziali per la costruzione di un linguaggio comune e per la elaborazione di ambiti problematici sufficientemente omogenei, tanto da qualificare la ricerca sociologica in maniera distinta rispetto ad altri campi scientifici e a differenti stili di ricerca.
È difficile negare che oggi la sociologia versi in una situazione di frammentazione così acuta che la sua immagine ne veniva ferita. Dicendo sociologia non si viene rimandati ad un corpus dottrinario relativamente omogeneo. Piuttosto, la mente corre ad una variegata tavolozza… Il momento della cumulazione dei risultati parziali acquisiti, da connettersi con la lezione dei classici criticamente intesa, ha ceduto. Tutta una disciplina, con i suoi studiosi e cultori, rischia di vedersi privata della sua memoria critica, del suo linguaggio specifico, dei modi operativi che la definiscono.[…]»

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