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Il Primo Americano

Il Primo Americano

Archeologia e preistoria del Nordamerica

Autore/i: Ceram C. W.

Editore: Giulio Einaudi Editore

traduzione di Giuseppina Panzieri Saija.

pp. XXIII-376, nn. tavv. a colori e b/n f.t., ill. b/n, Torino

Dagli abitatori dei pueblos ai cacciatori preistorici di mammuth, un viaggio entusiasmante attraverso le misteriose civiltà precolombiane dell’America del Nord.

Per gli europei, abituati a veder «nascere» l’America del Nord con i viaggi di Colombo, le civiltà dei popoli che abitarono il continente sin dalla preistoria restano avvolte nell’indeterminatezza. Alla scoperta del misterioso passato di un continente apparentemente senza storia si è mosso Ceram in quello che doveva essere il suo ultimo libro. Com’è sua abitudine, Ceram ha cominciato a seguire le orme di coloro cui si devono le scoperte che movimentano questo nuovo «romanzo dell’archeologia»: ricercatori dilettanti o professionisti, viaggiatori, avventurieri, conquistatori, come il moro spagnolo Estevanico che, alla ricerca delle favolose sette città d’oro di Cibola, nel 1539 contemplo per primo i millenari «grattacieli» degli Indiani Pueblos.
I ritrovamenti, l’intrecciarsi delle congetture, la rievocazione delle antiche culture si fondono alle peripezie degli archeologi e alla discussione dei metodi e delle tecniche che consentono agli studiosi la conferma scientifica delle loro ipotesi. Il racconto di Ceram è fitto di sorprese: decine di migliaia di «piramidi», i wounds, colline artificiali in terra che come i sepolcri dei faraoni nascondono tesori inestimabili; millenarie composizioni a forma di animali, lunghe spesso più di cento metri, interamente visibili solo dall’alto; centinaia di «mummie»; città sotterranee e gigantesche torri di pietra.
Gli abitatori dei pueblos, gli abilissimi intrecciatori di ceste, erano agricoltori e artigiani, ma non conoscevano la ruota, il ferro, l’aratro. Ha scritto D. H.
Lawrence: «Che il loro mondo non si sia disgregato è un vero mistero. È un miracolo che questi squadrati ammassi d’argilla siano durati per secoli e secoli, mentre il marmo greco crollava a terra e le cattedrali andavano in rovina. Ma la nuda mano dell’uomo con una manciata di argilla fresca e morbida e più rapida del tempo- e sfida i secoli».
Ma Ceram ci riporta molto più indietro, fino alla fanciulla indiana morta oltre 17 ooo anni fa, il cui cranio è stato scoperto in California soltanto di recente; e più oltre, verso l’uomo delle caverne, verso i cacciatori di mammut nel periodo glaciale, tentando di dare una fisionomia al «primo americano», cercando di rispondere a una serie di interrogativi: quando arrivò nel Nuovo Mondo? Emigrò forse in America passando sulla sottile lingua di terra poi sepolta dal mare che oggi conosciamo come stretto di Bering? Grazie a Ceram, il lettore viene guidato verso dimensioni storiche e geografiche insospettate, e contempla stupito l’incredibile quantità di testimonianze preistoriche di una terra sterminata.

C. W. Ceram è lo pseudonimo di C. W. Marek (1915-1972), lo scrittore berlinese che più di ogni altro ha acceso in questo dopoguerra la passione per gli studi archeologici. L’idea di avvicinare il mondo delle antiche civiltà ai lettori non specialisti gli venne durante la prigionia in Africa. Civiltà sepolte fu rifiutato da vari editori, e Marek lo stampò per proprio conto nel 1952. Il successo fu enorme, e si è ripetuto in tutto il mondo. Nel 1953 il libro viene tradotto in Italia da Einaudi, e fino ad oggi ne sono state stampate ventitre edizioni. Eguale fortuna ha arriso agli altri libri di Ceram, fra cui ricordiamo Il libro delle rupi. Alla scoperta dell’impero degli Ittiti (Einaudi, 1955) e I detectives dell’archeologia (Einaudi, 1968).

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