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Il Messia Perduto – La Storia di Sabbatai Sevi e il Misticismo della Quabbalah

Il Messia Perduto – La Storia di Sabbatai Sevi e il Misticismo della Quabbalah

Titolo originale : The Lost Messiah

Autore/i: Freely John

Editore: Il Saggiatore

prologo dell’autore, traduzione di Matteo Ceschi.

pp. 288, nn. tavv. e fotografie b/n f.t., Milano

«Salimmo tre rampe di traballanti scale in legno fino all’ultimo piano: lì trovammo un gruppo di vecchi inginocchiati davanti a una nicchia ricavata nel fatiscente muro portante che borbottavano in ladino sempre le stesse frasi, per cui pensai che stessero pregando. Jacob sussurrò che erano seguaci di Sabbatai Sevi, quelli che i turchi chiamavano Dönmé, un termine spregiativo che significa “apostoli” o “rinnegati”: stavano pregando il loro Messia.»

Curiosando tra gli scaffali di una vecchia libreria ebraica a Istanbul, John Freely si imbatte nella figura di Sabbatai Sevi. Affascinato, decise di raggiungere Smirne, la città natale di Sevi, per ripercorrerne la vita: dal bacino del Mediterraneo ai Balcani meridionali, fino all’entroterra dell’Albania dove si pensa sia sepolto. Sabbatai Sevi, meglio ricordato come il «falso Messia» o secondo l’autore, il «Messia perduto», oggi sarebbe indicato come un pazzo o un impostore. Per la moltitudine di ebrei che nel XVII secolo si lasciarono sedurre dal suo messaggio, fu invece il Messia che le generazioni precedenti avevano atteso invano. Grazie alla profonda conoscenza della qabbalah e a un formidabile potere ammaliatore, Sabbatai convinse i discepoli della sua natura mistica e incorruttibile, anche se per sottrarsi alla condanna a morte del sultano ottomano non esitò a convertirsi all’Islam, pur continuando a insegnare la Torah negli anni successivi. L’annuncio di Sabbatai Sevi era rivoluzionario: mangiare cibo proibito, profanare i giorni del digiuno, permettere alle donne di leggere le scritture nelle sinagoghe non pregiudicava l’integrità della fede. Dopo la sua morte furono migliaia i fedeli che, in bilico tra ebraismo e Islam, continuarono a predicare questi princìpi, tracciando i confini tra religione e vita pubblica e proclamando il diritto di libertà all’interno della religione stessa, su cui, nei secoli a venire, si sarebbe eretta la società laica moderna. A partire dalle e di Gershom Scholem, Freely realizza un vivido affresco della comunità ebraica all’interno dell’Impero ottomano, muovendo il racconto tra il ghetto di Venezia, i bazar del Cairo, i palazzi dello Yemen e le scuole rabbiniche di Gerusalemme. Il Messia perduto è un libro di viaggio, una detective story e uno strumento di riflessione sul ricorrente nascere e diffondersi nella storia di movimenti di natura mistica ed esoterica.

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