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Gengiz-Khan – Primo Imperatore del « Mirabile Dominium »

Gengiz-Khan – Primo Imperatore del « Mirabile Dominium »

Autore/i: Adravanti Franco

Editore: Rusconi

prima edizione, premessa dell’autore, cartine nel testo disegnate dall’autore, in sovraccoperta: Gengiz-Khan a cavallo durante una battuta di caccia col falcone (particolare). Dipinto di epoca Yuan (Federico Mella, Milano).

pp. 384, nn. tavv. a colori e b/n f.t., nn. ill. e cartine b/n, Milano

Il Cielo ha abbandonato la Cina a causa della sua superbia e del suo lusso eccessivo. Ma io, vivendo nei deserti del Nord, non ho passioni sfrenate. Io odio il lusso ed esercito la moderazione. Ho soltanto un abito e un solo cibo. Mangio lo stesso cibo e indosso gli stessi stracci dei miei umili mandriani. Io guardo al popolo come a mio figlio, m’interesso agli uomini di talento come fossero miei fratelli. Noi concordiamo sempre nei nostri principi, e siamo sempre uniti da reciproca stima. Negli esercizi militari io sono sempre in testa, e in tempo di battaglia non sono mai indietro. Nello spazio di sette anni sono riuscito a compiere una grande opera, e ad unire tutto il mondo in un Impero… Io credo che fin dai remoti tempi dei nostri shan yü un così vasto Impero non si sia visto. Ma come la mia missione è alta, così pure gli obblighi incombenti su di me sono pesanti; ed io temo che nel mio governo possa mancare qualcosa. Per attraversare un fiume fabbrichiamo battelli e timoni. Parimenti noi invitiamo uomini saggi e ne scegliamo consiglieri per tenere l’Impero in buon ordine. Fin dai tempi in cui salii al trono io ho sempre preso a cuore il governo del mio popolo; ma non ho potuto trovare uomini degni d’occupare i posti dei tre kung e dei nove k’ing. Per queste ragioni io cercai; e ho capito che tu, maestro, conosci la verità e cammini sul sentiero del giusto… Desidero soltanto che tu mi lasci un granello della tua saggezza. Dimmi solo una parola ed io sarò felice.
(Da un messaggio di Gengiz-Khan al venerabile Chiu Ciang-ciun, maestro del «tao»).

Il genio straordinario di Gengiz-Khan, fondatore dell’impero mongolo, vissuto tra la fine del 1100 e l’inizio del 1200, ha segnato con un marchio indelebile tutta la storia dell’Oriente, riverberando riflessi di fuoco sull’Occidente cristiano. Egli divide con Attila il poco invidiabile privilegio di servire da termine di paragone a tutti i “nemici dell’umanità”. A lui, poco importa se a torto, furono di volta in volta paragonati Napoleone da parte degli inglesi e dei russi nel 1812, Guglielmo II da parte degli alleati nel 1914, Hitler e ancora Stalin: modello dunque del “flagello”, prototipo del “nemico”, invasore feroce e distruttore sanguinario, il primo che eresse il terrore a sistema di governo e il massacro a istituzione. Ma è questo il vero, autentico Gengiz-Khan? Egli disse di sé ai suoi compagni che «la più grande gioia nella vita d’un uomo è vincere i propri nemici e scacciarli innanzi a sé; inforcare i loro cavalli ben nutriti e rapir loro tutto ciò che possiedono; vedere in lacrime i volti delle persone che son loro care; stringere fra le braccia le loro mogli e le loro figlie». Un guerriero dunque, ma despota crudele e terribile o prode aristocratico della steppa? tiranno astuto e sanguinario o eroe epico? barbaro distruttore o costruttore geniale?
Questa splendida biografia del grande condottiero mongolo non sfugge agli interrogativi, e cerca anzi una risposta attraverso la minuziosa comparazione di tutte le antiche fonti originali mongole, cinesi, manciù, turche, arabo-persiane, arabo-latine, armene, georgiane, russe e medioevali d’Occidente. Ne scaturisce un racconto intenso nello stile, condotto come una chanson de geste, in un paesaggio smagliante, che riesce a creare una rete di incantesimo che suggestiona il lettore con l’attrattiva poetica di un mondo esotico. Ancor oggi, su chi attraversa lo sconfinato continente asiatico, seguendo quelle interminabili vie di comunicazione ch’erano un tempo la «Strada Tartara», la favolosa «Strada della Giada e della Seta», la «Via del The», aleggia uno spirito che non ha mai cessato di vivere, quello di un uomo che aveva «statura gigantesca, costituzione robusta e “occhi di gatto”».

Franco Adravanti è nato nel 1934 a Parma, dove vive e lavora. Per anni si è dedicato a ricerche e studi approfonditi su Gengiz-Khan e sui Mongoli. È alla sua prima esperienza editoriale.

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