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Gen di Hiroshima

Gen di Hiroshima

Primo Volume di 3

Autore/i: Nakazawa Keiji

Editore: Hikari/001 Editori

pp. 1106, Torino

Che Hadashi no Gen (はだしのゲン) sia uno dei testi più importanti della produzione fumettistica nipponica è cosa (abbastanza) nota. Un’opera monumentale, dolorosa e necessaria. Un’epopea di duemila pagine che racconta con sguardo attento e partecipe gli orrori della bomba atomica sganciata in Giappone sul finire della Seconda guerra mondiale, il 6 agosto 1945, a Hiroshima. Oggi, in occasione dell’anniversario del mai dimenticato e tragico fatto storico, ritorniamo a scrivere del manga di Nakazawa, tornato disponibile in italiano da qualche mese grazie a 001 Edizioni (con l’etichetta Hikari), che ha finalmente prodotto un’edizione critica e integrale dell’opera.
Originariamente serializzata su Shonen Jump – poi rimbalzata su diverse altre riviste minori come Shimin, Bunka Hyōron e Kyōiku Hyōron – a partire dal 1973, Gen di Hiroshima (la traduzione letterale del titolo giapponese è “Gen a piedi scalzi”, ed infatti Barefoot Gen è il titolo assegnatogli dai traduttori anglofoni) rappresenta un’importanze testimonianza semi-autobiografica sotto forma di lungo romanzo a fumetti. Nakazawa, che sopravvisse al flash alla tenera età di 6 anni, aveva già raccontato l’esperienza di sopravvissuto nel breve manga Ore wa Mita (おれは見た, lett. Io l’ho visto), pubblicato nel 1972. Gen di Hiroshima prende forma quindi come espansione romanzata dell’esperienza originale, mantenendo però intatte alcune fondamentali note biografiche, come la sopravvivenza della madre e l’indole antimilitarista e antirazzista del padre di Keiji/Gen. Tutta la prima parte del manga si concentra, in realtà, sulla difficile situazione affrontata dalla famiglia del protagonista negli ultimi, devastanti anni dello sforzo bellico giapponese. Famiglia che in parte metaforizza l’esperienza di una nazione, annientata da fame e miseria, ma che d’altra parte si distingue rifiutando l’insensato nazionalismo belligerante che sembrava aver narcotizzato un paese intero.

Lo stile di narrazione è semplice, adatto a un pubblico giovane e giovanissimo. Altrettanto semplice è tratto impiegato dall’autore, fortemente debitore dell’esperienza artistica di Osamu Tekuza e in generale degli stilemi dominanti nel fumetto giapponese dei primi anni ’70. Eppure, tale impronta caricaturale – a tratti persino sgraziata – diventa strumento adatto a rappresentare l’irrappresentabile, e cioè l’unico modo per mostrare con fedeltà lo spettacolo cruento generato in primis dalla fame e dalle privazioni, e in seguito dallo scoppio dell’atomica. Pur mantenendo un approccio storico e didattico, Nakazawa rifugge ogni sorta di pudore. E nelle sue pagine vediamo corpi straziati, mutilazioni, mutazioni: un intero teatro degli orrori che si articolano nella doppia dimensione, pubblica e privata, in cui prendono vita le vicende.

Cadenzato dal motivo grafico del sole splendente, Gen di Hiroshima rispetta anche i canoni del fumetto per ragazzi, mettendo in scena anche il contrasto tra giovanile innocenza (o, meglio, ingenuità) e corruzione morale del mondo adulto. Quest’ultima è incarnata dallo sciovinismo militarista degli ultimi anni di guerra, che in seguito allo scoppio della bomba si tramuta in una pressoché totale mancanza di solidarietà. Calcando la mano su una fisiognomica fin troppo marcata (i cattivi poveri sono brutti e scimmieschi, i cattivi ricchi hanno occhiaie e baffi), Nakazawa esplora le nefandezze umane mostrando senza retorica o pietismi la dimensione anti-catartica della tragedia. E la leggera teatralità caricaturale di cui è intriso Gen diventa sempre più condizione necessaria per esplorare, con occhio quasi documentaristico, una nazione in ginocchio.
Spesso, proprio in questa direzione, la focalizzazione passa dal giovane protagonista ad altri personaggi minori, che appaiono in scena anche solo per poche pagine. In questo modo l’esperienza dolorosa viene condivisa, e diverse micro-narrazioni fanno da contrappunto alla retorica e al cinismo della grande storia. L’estrema prolissità del testo diventa così in se e per se elemento significante, e la vicenda si configura gradualmente come straziante accumulazione di atti narrativi ed estetici, che vanno a comporre un quadro in cui il lettore si sente spesso smarrito. Leggere Gen di Hiroshima oggi, dopo la successiva tragedia nucleare di Fukushima, è un’esperienza forse ancora più difficile e, al contempo, sempre più necessaria.

Per quanto riguarda l’edizione pubblicata da Hikari/001 Edizioni, i punti di forza sono almeno tre.

• Innanzitutto il rispetto filologico. Alla prima traduzione italiana, pubblicata tra il 1999 e il 2001 (Planet Manga / Panini Comics), mancava infatti circa un terzo dell’opera, trattandosi dell’adattamento di una versione ridotta americana. Per la prima volta, quindi, Gen di Hiroshima arriva in Italia nella sua versione completa, in tre volumi (di cui al momento sono usciti i primi due), che corrispondono ai ben dieci tankobon dell’edizione integrale. L’imponente lavoro di traduzione è stato peraltro co-finanziato da Japan Foundation, che ha sostenuto il progetto di diffusione dell’opera in prossimità del 70° anniversario dal bombardamento.

• Il secondo aspetto è che i volumi sono arricchiti da una nutrita serie di commenti e note critiche. Da un lato sono presenti diversi apparati redazionali – tra cui un testo di Nakazawa stesso – che introducono la vicenda e ne esplorano le componenti tematiche, evidenziando la rilevanza contemporanea dell’opera.

• Dall’altro, l’opera di traduzione e adattamento, alla quale ha collaborato un team di 23 laureandi e laureati dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, coordinati dalla professoressa Marcella Mariotti, ha sviluppato un notevole contributo alla compiuta comprensione di questo capolavoro del manga. Nello specifico, un ragguardevole e minuzioso lavoro di ricerca è stato svolto intorno alle numerosi canzoni d’epoca giapponesi, citate a più riprese all’interno del manga, e riportate in glossa con apprezzabile precisione.

In definitiva, la nuova edizione di Gen di Hiroshima permette di godere del lavoro di Keiji Nakazawa sotto la luce che merita. Un’opera seminale, importante per il fumetto giapponese ma anche per quello occidentale, e che ha direttamente o indirettamente influenzato una generazione di narratori a cavallo tra Storia e autobiografia, fra i quali gli stessi Art Spiegelman di Maus o Marjane Satrapi di Persepolis. Una riprova del fatto che le grandi testimonianze generano grandi frutti.

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