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Erode il Grande

Erode il Grande

Autore/i: Prause Gerhard

Editore: Rusconi

prima edizione, prefazione dell’autore, traduzione dal tedesco di Emanuelita Giannì.

pp. 332, nn. tavv. b/n f.t., Milano

Nella tradizione cristiana e letteraria il nome di Erode è legato inscindibilmente al massacro dei fanciulli di Betlemme, la cosiddetta «strage degli innocenti» narrata nel vangelo di Matteo. Ma la stessa tradizione, pur guardando con orrore alla figura di Erode, ha accettato il titolo di «Grande» che la storia gli ha attribuito. Erode costituisce dunque un enigma storico, oppure, più semplicemente, è stato vittima di una millenaria diffamazione? La sua figura deve essere ricordata soltanto per quell’efferato delitto che gli viene attribuito, o non piuttosto per essere stato un sovrano eccezionale, un «socio» di tutto rispetto dell’onnipotente impero romano?
Gerhard Prause, che alla rettifica delle falsificazioni storiche ha dedicato gran parte della sua produzione letteraria, affronta in questo libro – il migliore tra quelli finora pubblicati – una figura sconcertante che solo la più recente ricerca scientifica ha cercato di restituire alle sue vere dimensioni. Erode, pur non essendo giudeo, fu il più grande sovrano degli Ebrei, l’unico statista che reggesse il confronto con i tempi gloriosi di David e Salomone, e fu una figura chiave nella politica orientale dell’impero romano. La sua importanza storica consiste appunto nell’aver tentato di conciliare questi due status apparentemente contraddittori, data la ben nota ripugnanza degli Ebrei, «popolo eletto» ed esclusivo, a inserirsi in un contesto politico universale che ai loro occhi esigeva una pura e semplice sottomissione. Politico accorto, grande costruttore di opere pubbliche – strade, acquedotti, soprattutto il tempio a cui è legato il suo nome -, genio della finanza, Erode restituisce ai suoi sudditi un benessere economico compromesso dalle lotte intestine; e questi stessi sudditi vuole inserire nella cultura ellenistica, rinnovando il precedente fallito tentativo di Antioco IV. Questa politica gli richiese fermezza e spesso un ferreo adeguamento alla «ragion di Stato». Una fermezza che però Erode non ebbe nell’ambito dell’esteso suo clan familiare, lacerato da invidie e lotte di potere, dalle quali egli stesso fu travolto quando per ragioni politiche si credette costretto a infierire contro l’amata moglie Mariamme e contro i figli i quali, dopo aver chiesto l’appoggio dei Romani contro il padre, furono da questi sconfessati. Un uomo, dunque, problematico e tormentato, sia come personaggio pubblico sia come figura privata.
Gerhard Prause ha lavorato attorno alla figura di Erode con la pazienza e lo scrupolo del restauratore. Ha smontato l’immagine tradizionale e letteraria del sovrano, ha sottoposto ogni tassello alla verifica delle più aggiornate acquisizioni archeologiche, storiche e filologiche, eliminando deformazioni e incrostazioni, come la strage degli innocenti, ed ha infine ricomposto, in una prosa accattivante, il complesso mosaico originale, restituendo alla figura di Erode i suoi veri colori, la sua autentica vita.

Erode il Grande non fu, come lo descrive la tradizione, un tiranno crudele e sanguinario che sfruttava l’esercizio del governo per i suoi interessi personali; fu invece un politico avveduto e seriamente compreso della sua funzione. Sotto Erode, eccellente uomo d’affari e genio della finanza, il popolo conobbe uno sviluppo commerciale e un benessere generale quali mai si erano verificati nella storia giudaica. Erode non fu un conquistatore, come Cesare o Alessandro. La sua politica, ispirata a quella di Roma, si fondò sulla stabilità, sullo sviluppo pacifico, sulla restaurazione e sulla certezza del diritto e dell’ordine. Il mezzo più adeguato per realizzare tale politica di pace, in perfetto accordo con quella dell’imperatore romano, gli parve il consolidamento del proprio potere secondo il modello ellenistico di una regalità puramente laica. Erode, pur non essendo giudeo, intese sfatare agli occhi del mondo la sgradevole impressione che gli Ebrei fossero un popolo esclusivista e, per questo, sospetto. La mente realistica di Erode identificò con la pax romana le esaltanti concezioni messianiche giudaiche. Forse fu questo il suo limite o, se vogliamo, il suo errore, in quanto sottovalutò la caparbietà degli Ebrei, l’enorme forza della loro credenza di essere un popolo eletto.
Come capo del suo clan familiare, Erode fu sostanzialmente un debole. Padre sollecito, attaccato alle mogli, ai figli, ai nipoti e ai fratelli, a quel vasto parentado che volle sempre attorno a sé, ma delle cui tensioni, intrighi e calunnie non poté mai liberarsi, ne sollecitò, spesso inutilmente, l’amore, la comprensione, la riconoscenza; diffidente e vulnerabile, fu capace di brutali reazioni allorché per la grande delusione si sentì tradito.

Gerhard Prause è nato ad Amburgo nel 1926 ed è laureato in letteratura e storia. E redattore presso il settimanale «Die Zeit» dove dirige la sezione «Vita moderna». Ha pubblicato cinque volumi di articoli apparsi sullo stesso periodico nella rubrica da lui creata «Wer war’s?» (Chi era?), libera incursione nella storia allo scopo di scoprire e rettificare leggende e falsi storici.
Altre pubblicazioni: Geschichte der Menschheit herichtet im Stil einer Zeitung (Storia dell’umanità raccontata in stile giornalistico, 1973); Genies in der Schule (Genii a scuola, 1974); Genies ganz privat (Genii in pantofole, 1975); Niemund hat Kolumhus ausgelucht (Nessuno ha deriso Colombo, 1976); Die kleine Welt des ]esus Christus (Il piccolo mondo di Gesù Cristo, 1981).

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