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Distruggere la Palestina

Distruggere la Palestina

La politica israeliana dopo il 1948

Autore/i: Reinhart Tanya

Editore: Marco Tropea Editore

introduzione dell’autrice, postfazione di Ugo Tramballi, traduzione di Silvia Lalia.

pp. 256, 1 cartina b/n, Milano

Gli israeliani la chiamano guerra d’Indipendenza, i palestinesi Naqba, la catastrofe.
Lo Stato d’Israele nasce, nel 1948, con la cacciata di oltre settecentomila palestinesi dalle loro terre, a cui non hanno più fatto ritorno. Tanya Reinhart, giornalista e professoressa all’università di Tel Aviv, è cresciuta nella convinzione che quel peccato originale si potesse perdonare perché commesso per esorcizzare il timore di un nuovo olocausto.
Ma nel 1967, a seguito di una nuova guerra a vasto raggio che ha portato all’invasione della Cisgiordania, della Striscia di Gaza e delle alture del Golan – territori tutt’oggi occupati – Israele ha dimostrato di non accontentarsi della patria riconquistata. In preda a una sindrome da accerchiamento, la leadership politica non ha tenuto in conto le conseguenze di una simile operazione, ma lo scoppio della prima Intifada ha mostrato al popolo israeliano quanto fosse alto il prezzo di quella politica di occupazione militare.
Nel 1993, dopo il vertice di Oslo e la stretta di mano fra Rabin e Arafat, il ritiro dai Territori occupati e la formazione di uno stato palestinese sembravano imminenti. Non è stato così. Sette anni dopo, le condizioni dei palestinesi nella Striscia di Gaza erano nettamente peggiorate e tutte le speranze che gli accordi avevano alimentato erano svanite. Per Reinhart, gli anni successivi a Oslo – dal governo di Barak allo scoppio della seconda Intifada, passando per Camp David – costituiscono il periodo più buio dell’intero conflitto.
L’autrice ripercorre proprio quest’ultimo decennio per illustrare come la strategia messa in atto da Israele non vada interpretata alla stregua di una risposta al terrore o di una forma di autodifesa, ma come il risultato di un disegno architettato e attuato sistematicamente: l’espulsione completa del popolo palestinese dalla Terra Santa. Un disegno che risulta chiaro dalle stesse parole di Sharon, quando definisce l’attuale conflitto con i palestinesi come “la seconda parte della guerra del 1948”.
Distruggere la Palestina offre un’analisi basata su una puntuale ricostruzione dei fatti e sulle dichiarazioni degli esponenti politici dei due fronti. A raccontare la tragedia dei palestinesi è la voce di un’intellettuale israeliana che da anni si batte per contrastare i luoghi comuni imposti dalla propaganda e diffusi anche dai principali media occidentali.

“Oggi a Gaza la situazione è questa: seimila coloni israeliani occupano circa un terzo dell’area e un milione di palestinesi sono ammassati negli altri due terzi. Circondati da recinzioni elettrificate e postazioni militari, segregati dal mondo esterno, i territori di Gaza si sono trasformati in un enorme ghetto.”

“L’analisi implacabile di Tanya Reinhart non potrebbe essere più attuale. Una lettura che suscita riflessioni profonde.” (Noam Chomsky)

“Distruggere la Palestina è una critica radicale della politica di Israele nei confronti del popolo palestinese. Questo libro andrebbe letto da ogni americano che, forse senza saperlo, per trentacinque anni ha sovvenzionato l’occupazione militare di Israele.” (Edward W. Said)

“Il libro di Tanya Reinhart rivela l’inganno di cui sono stati vittime i palestinesi, spesso con il consenso della loro stessa autorità.” (Le Monde)

Tanya Reinhart, israeliana, è docente di linguistica alle università di Tel Aviv e di Utrecht. Dal 1993, dopo gli accordi di Oslo, scrive su temi di politica mediorientale. Tiene una rubrica bisettimanale sul maggiore quotidiano israeliano, Yediot Aharonot, e pubblica articoli su testate internazionali.

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