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Detti e Fatti dei Padri del Deserto

Detti e Fatti dei Padri del Deserto

Autore/i: Autori vari

Editore: Bompiani

a cura di Cristina Campo e Piero Draghi, introduzione di Cristina Campo.

pp. 292, 4 tavv. a colori f.t., Milano

L’abate Pastor disse:
“Principio dei mali èla disattenzione.”

Un anziano ha detto:
“Sei giunto a serbare il silenzio? Non credere, tuttavia, di aver compiuto un atto di virtù. Di’ piuttosto:
«Sono indegno di parlare.»”

Si domandò ad abba Elia:
“Con che cosa saremo salvati in questi tempi?”
Egli rispose:
“Ci salveremo per il fatto di non aver stima di noi stessi.”

Un anziano diceva:
“Non mangiare finché tu non abbia fame; non coricarti finché tu non abbia sonno e non parlare se non sei interrogato.”

Un anziano disse:
“Devi fuggire completamente gli uomini, o burlarti del mondo e degli uomini nel mondo; e in molti casi fare il matto.”

I maestri cristiani del deserto fiorirono tra il III e il IV secolo dopo Cristo. Da poco Costantino aveva restituito ai cristiani il diritto di esistere e sottratto con dolcezza la giovane religione al terreno meravigliosamente umido del martirio, alla stagionatura incomparabile delle catacombe. Questo significava consegnarla a quel mortale pericolo che rimase tale per diciotto secoli: l’accordo col mondo. Mentre i cristiani di Alessandria, di Costantinopoli, di Roma rientravano nella normalità dei giorni e dei diritti, alcuni asceti, atterriti da quel possibile accordo, ne uscivano correndo, erravano nei deserti di Scete e di Nitria, di Palestina e di Siria.
Affondavano nel radicale silenzio che solo alcuni loro detti, raccolti da discepoli, avrebbero solcato come bolidi infuocati in un cielo insondabile, pervenendo fino a noi.
Questa scelta di detti e fatti dei Padri del deserto, curata da Cristina Campo e Piero Draghi, ci avvicina al continente misterioso dei terrificanti e dolcissimi zen cristiani. intorno a questi “grandi leoni giacenti dello spirito”, il mondo delle forme, come quello della parola, è pressoché abolito e dunque più terribilmente violento. “Non credo occorra neppure accennare,” scrive Cristina Campo nell’introduzione, “ai gradini fondamentali della scala coeli dei Padri: la totale amputazione dal mondo, l’affinamento estremo delle potenze attraverso il silenzio, il digiuno, il canto dei salmi, il lavoro manuale: tutto ciò è canone costante, direi ovvio, dell’intero monachesimo tradizionale cristiano.”

Cristina Campo, che ha scelto e curato i testi tradotti da Piero Draghi dei Detti e fatti dei Padri del deserto, pubblicò in vita soltanto due libri: Fiaba e mistero (1962) e Il flauto e il tappeto (1971).
Di lei sono usciti presso Adelphi tutti i saggi, raccolti negli Imperdonabili (1987) e in Sotto falso nome (1998), il volume di poesie e traduzioni poetiche La Tigre Assenza (1991) e le Lettere a Mita (1999).

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