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La Letteratura Come Nevrosi - Lo Scrittore e la Psicoanalisi

di
Editore: Guaraldi Editore
Prezzo: € 27,00

Informazioni: unica edizione, introduzione di Giorgio Zanocco, prefazione dell'autore, traduzione di Roberto Tettucci, collana: La sfinge 16. - pp. 304, Firenze
Stampato: 1974-05-01
Codice: 500000007428

Che lo scrittore sia un nevrotico, già Freud l'aveva affermato; e tuttavia, ancora in qualche modo legato al mito romantico-decadente dell'Artista, s'era poi mostrato quasi timoroso di penetrarne sacrilegamente il «mistero» e aveva prematuramente concluso (nel 1928): La psicoanalisi deve purtroppo arrendersi di fronte al problema dell'artista».
Di una generazione più giovane e assai più interessato ai processi e ai meccanismi dell'operare artistico che alla figura dell'artista o, peggio, al feticcio dell'opera d'arte, Bergler riprende l'indagine là dove Freud l'aveva lasciata interrotta, arricchendola di un reale approfondimento teorico e pervenendo a conclusioni assai convincenti e per certi versi definitive su quella particolare forma di nevrosi che è il «mestiere di scrivere». Il conflitto interiore da cui lo scrittore è travagliato è sempre legato all'immagine della madre preedipica, al primitivo fantasma della madre << crudele e sadica» a cui si è venuto attaccando masochisticamente. «Ciò dichiara Bergler trasforma lo scrittore, in età adulta, in una sorta di imputato a vita, chiamato a discolparsi di fronte al tribunale della coscienza interiore. Per controbilanciare le accuse da cui si sente colpito, egli ricorre, come alibi, alla creazione artistica». L'opera letteraria è sì, dunque, frutto di nevrosi, ma non contiene come un po' troppo semplicisticamente la psicoanalisi aveva da principio supposto la diretta rappresentazione dei conflitti infantili dell'autore (cioè il suo masochismo psichico), bensì quella della sua reazione difensiva (cioè pseudoaggressiva) contro tali conflitti: di qui l'apparente ribellismo congenito dello scrittore.
Perciò «lo scrittore non è affatto per dirla con Bergler l'osservatore obiettivo del proprio tempo. Egli è solo un nevrotico che mobilita i propri meccanismi di difesa senza saperlo. L'idea che lo scrittore sia «obiettivo» e che costituisca il più alto grado di testimonianza del momento storico e della temperie culturale in cui vive è per usare un'espressione educata ridicola».
Fortunatamente privo di qualsiasi timore riverenziale nei confronti dell'Arte e degli Artisti e anzi animato da sentimenti aggressivi neppure tanto coperti (e che meriterebbero, forse, di essere interpretati psicoanaliticamente), Bergler fornisce un ritratto lucido, impietoso, talvolta ferocemente sprezzante non solo degli scrittori, ma dei giornalisti, dei critici, degli editori e dello stesso pubblico dei lettori. Il sospetto di «riduttivismo» non lo sfiora neppure e la superbia dello psicoanalista» non lo fa arretrare nemmeno di fronte ai giudizi più apodittici e spericolati: che però colga spesso nel segno, è difficile negarlo.

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