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Storie

Libri I-XL

di
Editore: Rusconi
Prezzo: € 80,00

Informazioni: prima edizione, introduzione di Nicola Criniti, note, appendici, indici, bibliografie di Nicola Criniti e Danilo Golin, traduzione di Alessandro Vimercati, in sovraccoperta: stele a rilievo raffigurante un'immagine idealizzata di Polibio giovane, Kleitor. - pp. 1412, nn. cartine b/n f.t., Milano
Stampato: 1987-10-01
Codice: 978881816002

Polibio di Megalopoli visse uno dei periodi più tormentati della storia ellenica, nel II secolo a.C., nel momento cioè in cui la Grecia veniva sottomessa alla potenza sempre crescente e schiacciante di Roma.
Figlio dell'età ellenistico-romana, è l'esempio più tipico di una nuova mentalità che si veniva delineando in quei tempi: e partecipò e visse da protagonista le vicende storico-politiche che dovevano cambiare definitivamente volto al mondo allora conosciuto. Sapendo anzitutto comprendere la grande novità dell'Urbe, riuscì a conciliare l'Oriente greco con l'Occidente romano, nella sua ammirazione e nel suo amore per la tradizione ed insieme per il nuovo che traspare così vivamente dalle sue Storie. In effetti, proprio il più che quindicennale esilio romano (dal 167 a.C.) doveva toccare nel profondo e maturare un ormai deluso quarantenne, aprendogli la possibilità di nuove esperienze e di nuove conoscenze, che lo iniziarono quasi controvoglia all'arte della storia. Polibio allacciava un'amicizia profonda e intima col grande P. Cornelio Scipione Africano Emiliano, entrando a far parte del circolo culturale - filelleno, ma pur sempre romano - degli Scipioni e di quella cerchia di persone che sembravano dover reggere, almeno per quei tempi, le sorti dell'impero mediterraneo. Dopo la liberazione, lasciata l'Italia nel 150, il Megalopolitano vi doveva tornare ancora, specie per accompagnare l'Emiliano nei suoi viaggi e nelle sue imprese mediterranee: e la spinta a viaggiare - nell'intento, anche, di dare alla sua esperienza politica ed umana un maggior carattere di completezza - lo portava ad essere testimone delle distruzioni di Cartagine e di Corinto nel 146 e di Numanzia nel 133, emblematiche del cinico e brutale imperialismo espansionistico che l'Urbe viveva allora. Una banale caduta da cavallo, a più di ottant'anni, toglieva di mezzo colui che era stato l'interprete più acuto delle vicende storiche dell'umanità classica del III/II secolo, nella difficile e tormentata fase di passaggio dalla grecità alla romanità.

L'esperienza umana e politica di Polibio si concretò nella stesura delle sue opere storiografiche: in particolar modo delle Storie, cui fu sempre ed esclusivamente legata la sua fama, e che gli costarono almeno un ventennio di lavoro e furono pubblicate postume. Dei quaranta libri purtroppo un destino capriccioso ci ha restituito non molto: i primi cinque libri completi, ampi estratti del sesto e del diciottesimo, e numerosi brevi stralci e citazioni degli altri. Eppure si meritavano ben altro rispetto: questa sorta di storia universale tracciava con grande lucidità le vicende dello scontro frontale tra i Cartaginesi e i Romani, dalla prima alla terza Guerra Punica, che avevano mutato la prospettiva mondiale. Ma senza fondamentali pregiudizi o limiti: indirizzate a tutti, le Storie di Polibio si rivolgevano agli uomini di cultura, Greci e Romani, con un modo del tutto nuovo di fare la storia, perché diverso è l'interesse di chi la scrive. Narrazione critica ed esauriente di avvenimenti umani, in definitiva, comprensibili agli uomini, che ne sono gli autori in quanto pensano, attori in quanto agiscono, e spettatori in quanto assistono. E Polibio, anche per questo, non allontana mai lo sguardo dal concreto umano, innanzi tutto dalla costituzione interna, inscindibile dallo stato, e dalle leggi di Roma; strutture queste - Polibio ne è ben convinto - che sono frutto principe dell'intelligenza degli uomini più concreti e pragmatici dell'antichità. E lo dice con grande convinzione un uomo che - pur con tutta l'ambizione nei confronti dei vincitori romani - resta intimamente greco, intriso di cultura ellenistica: i giudizi di Polibio sono equilibrati e in buona misura accettabili, perché appunto non hanno l'intento di sostenere una causa. Che poi egli sia stato, nelle sue Storie, senza dubbio il miglior interprete - fors'anche nell'Urbe - della romanità, non fu che una inevitabile conseguenza della situazione contingente, che non poteva certo sfuggire alla sua intelligenza e acribia: la città di Roma cominciava a diventare il mondo.

Il volume è disponibile in copia unica

Libro che può recare eventuali tracce d'uso.

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