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Della Mia Vita

Della Mia Vita

Titolo originale: De Vita Propria Liber

Autore/i: Cardano Girolamo

Editore: Serra e Riva Editori

a cura di Alfonso Ingegno, in copertina: un ritratto di Gerolamo Cardano, Biblioteca Bertelli, Milano.

pp. 238, Milano

Chi era veramente Gerolamo Cardano? Uno scienziato o uno stregone? Un sapiente o un ciarlatano? Un profeta incompreso o un narcisista? Quest’autobiografia è un’orgogliosa rivendicazione della sua superiorità di uomo e di scienziato. Da medico ha guanto pazienti spacciati: nobili e alti prelati in tutta Europa lo coprono d’oro per assicurarsene le cure. Da matematico contende a Tartaglia la paternità della formula per la soluzione delle equazioni di terzo grado. Da astrologo ha osato persino prevedere l’anno della propria morte. Conosce a memoria i testi greci, discute di filosofia con un’eloquenza e un rigore tali che i colleghi rifiutano di misurarsi con lui. La sua curiosità sfrenata di scoperta, il suo entusiasmo polemico, il suo desiderio di affermazione sono continuamente ostacolati, con ogni mezzo, dai suoi avversari: osteggiato negli atenei da congreghe intriganti, ripudiato dal collegio dei medici, vittima di attentati, minacciato, processato, a tutti risponde lapidario: “Ho imparato non solo a disprezzare i miei rivali, ma ad aver pietà della loro pochezza”.

“È meglio tacere cento cose che andrebbero dette” scrive Cardano “piuttosto che dirne una sola che meriterebbe di essere taciuta”. E quando, nel 1575, inizia a narrare la storia della propria vita – “senza infingimenti, e senza la pretesa di insegnare qualcosa a qualcuno” – sa bene che cosa dire e che cosa tacere: non racconta di sé per vanità, ma per ottenere giustizia. Quasi settantacinquenne, ha alle spalle una straordinaria carriera di filosofo e scienziato; ma anche un processo infamante, conclusosi con l’abiura sugli aspetti più innovatori del suo pensiero. L’autobiografia è dunque un’apologia di se stesso, una riabilitazione della propria figura di uomo e di uomo di scienza. E, allo stesso tempo, il punto culminante -l’“umbilicus” – di tutta la sua opera: la chiave di un’esistenza sorretta da un entusiasmo di ricerca, da una sottigliezza nell’osservare i fenomeni naturali, che fanno di Cardano una delle figure più affascinanti del Rinascimento europeo. Già l’autobiografia è significativa per la sua struttura. Anziché seguire un ordine cronologico, è suddivisa per argomenti: come un quadro astrologico. Come tessere di un mosaico il cui disegno si vedrà solo alla fine, Cardano allinea via via i vari aspetti e avvenimenti della sua vita: l’attività di medico, con le guarigioni prodigiose, le scoperte e i libri scritti, il metodo di ricerca; la salute precaria, le disgrazie che sembrano accanirsi su di lui, i riconoscimenti e le delusioni, i contrasti in famiglia e negli ambienti accademici; la felicità, la morale, la labilità della condizione umana; le forze occulte contro cui ha dovuto combattere e il demone benigno che Io assiste. Man mano che la personalità di Cardano si viene delineando, ci si rende conto che si tratta di un uomo fuori del comune, e che egli è ben conscio di esserlo. Certo, il ritratto non è privo di chiaroscuri, né ottenuto senza compromessi. Cardano non può più ardire definirsi “mago, incantatore, spregiatore della religione e dedito ai piaceri più turpi”; ed è costretto a negare il suo interesse per le scienze occulte. Anzi, si professa moralmente integerrimo, e ringrazia Dio del sapere che gli ha concesso. Ma quel che non può esser taciuto, perché le opere stesse lo documentano, è rivendicato con forza, ed è merito solo dell’uomo: è la sua vita stessa, esemplare pur se non scevra da errori, dedicata sempre, quasi con avidità, alla ricerca della verità e all’approfondimento della conoscenza, anche contro l’autorità dei sacri testi.

Gerolamo Cardano nasce a Pavia nel 1501; si laurea in artibus a Venezia e in medicina a Padova. Vastissima la sua opera in campo medico (Contradicentium medicorum, De tuenda sanitate), matematico (Ars magna, De proportionibus), filosofico e morale (De utilitate, Proxeneta, De subtiliate, De rerum varietate, De animi immortalitate), astrologico (commento al Quadripartito di Tolomeo). Genio inquieto e polemico, è costretto a frequenti spostamenti e viaggi, sia per esercitare la professione medica, sia per le alterne vicende della sua carriera accademica a Milano, a Pavia e a Bologna. Nel 1570 è arrestato sotto accusa di eresia e di pratiche occulte; condannalo all’abiura, inibito all’insegnamento e alla pubblicazione, scrive nel 1575 Della mia vita, per riabilitare la propria figura. Dopo aver finalmente ottenuto una pensione papale da Gregorio  XIII, accolto dal Collegio dei medici che a lungo lo aveva respinto, muore nel 1576 a Roma.

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Argomenti: Biografie,

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