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Crepereia Tryphaena

Crepereia Tryphaena

Le scoperte archeologiche nell’area del Palazzo di Giustizia – Roma, luglio-novembre 1983, Campidoglio, Palazzo dei Conservatori

Autore/i: Autori vari

Editore: Marsilio Editori

prima edizione.

pp. 80, interamente e riccamente ill. a colori e b/n, Venezia

La «bambola» di Crepereia in mostra a Roma, dopo i successi di Milano e Torino; poiché però appartiene alle collezioni dei Musei Capitolini, e a Roma si potrà vedere in modo continuativo, per quale ragione una mostra?
La ragione di un’esposizione è nella sua capacità di chiarire, nel modo più diretto e immediato, un problema scientifico; in questo caso si è trattato di gettare luce sulla vita quotidiana dell’antica Roma, attraverso la testimonianza di oggetti d’uso comune che assumono un particolare significato visti nell’ambito del contesto nel quale sono stati rinvenuti. Su questo tema hanno lavorato i suoi curatori, sviluppando e arricchendo gli spunti delle esposizioni milanese e torinese. Non ritengo perciò di dover aggiungere nulla a quanto essi stessi hanno scritto in questo catalogo.
Vorrei invece soffermarmi sulla ragione che motiva l’inclusione di questa mostra nel ciclo di quelle dedicate a Roma capitale: la scoperta della tomba di Crepereia nel corso dei lavori per la costruzione del Palazzo di Giustizia in Prati.
Può essere non inutile ricordare che il concorso per il Palazzo di Giustizia (almeno a quanti vedono l’edificio del Calderini soltanto come un’ulteriore prova della disfatta dell’Ottocento) è stato uno dei momenti principali della discussione sulla possibilità di uno stile nazionale. Alla scelta del suo principale antagonista, Ernesto Basile, per una mediazione tra Cinquecento romano e Rinascimento toscano, in una forma in cui in definitiva prevale il Quattrocento fiorentino, Calderini oppone il «compiuto risorgimento» del Cinquecento. In realtà il Calderini sovrapporrà, all’ambizione di un edificio «nello stile del secolo XVI, che è universalmente accettato nella penisola, che ha il vero diploma di nazionalità, che è figlio dell’antico romano e della risorgente sapienza italiana», l’esempio del Palazzo di Giustizia di Polaert per Bruxelles, commisto a suggestioni piranesiane e persino al ricordo, come scrive il Portoghesi, delle incisioni degli edifici babilonesi di Perrot-Chipiez: rientrando quindi all’interno della sua cultura di architetto eclettico.
Questa involuzione, dalla ricerca di uno «stile per Roma» alla scelta eclettica dello «stile ’500» trova corrispondenza nell’atteggiamento del Calderini stesso verso la ricerca archeologica: è noto che l’amministrazione comunale non potè rilevare direttamente le strutture archeologiche rinvenute, e che queste sono perciò conosciute soltanto attraverso la planimetria elaborata dal Calderini stesso durante i lavori di fondazione del Palazzo. La suggestione dell’immagine prevale dunque sul rispetto materiale dei reperti: tendenza che ovviamente non si può imputare al Calderini, ma all’atteggiamento verso la storia, più idealizzata che oggetto di ricerca scientifica, della cultura cui apparteneva. (Renato Nicolini)

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