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Māṇḍūkyakārikā

di
Editore: Edizioni Āśram Vidyā
Prezzo: € 23,00

Informazioni: segue il testo sanscrito traslitterato, traduzione dal sanscrito e commento di Raphael. - pp. 192, Roma
Stampato: 1981-01-01
Codice: 500000007294

La Māṇḍūkyakārikā di Gauḍapâda è l'opera più profonda e significativa, in senso filosofico e dottrinario tradizionale, del Vedânta Advaita. Da sola costituisce il fondamento della Realizzazione Metafisica, e contiene la soluzione dell'Essere e del non-Essere, dell'Uno e dei molti, della Realtà come tale e dell'apparenza fenomenica in quanto mâyâ. (Raphael)

Il problema più arduo dibattuto dai filosofi di tutti i tempi è quello dell'Essere e del non-essere, dell'Uno e dei molti e, di conseguenza, quello che si riferisce alla generazione.
L'Essere-assoluto è Unità, Dualità, Molteplicità o Non-Dualità?
Il mondo dei nomi e delle forme è creato ex nihilo, è manifestato o emanato? E, ancora, è reale, non reale oppure, paradossalmente, è l'uno e l'altro?
Da Talete a Pitagora, da Platone a Plotino fino alla filosofia più recente, a tali problemi si sono date risposte a volte valide, a volte incomprensibili, a volte inaccettabili.
Che cosa ha da dire a questo proposito la filosofia Vedānta, l'Upaniṣad e lo stesso Gauḍapāda?
Si può asserire che il testo in questione, profondamente filosofico e metafisico, affronta questi interrogativi dando non solo una risposta che è nuova per l'Occidente, ma indicando un sentiero (asparśa yoga) per la realizzazione dell'Identità dell'ente con l'Essere.
Gauḍapāda, radicato intensamente nel metafisico, dimostra come l'Essere supremo è attualità pura che esclude non solo ogni molteplicità, dualità e unità ontologica, ma ogni passaggio dalla potenza all'atto.
Nell'eterno e infinito essere sempre presente parlare di una distinzione di fasi, sia pure teorica, è impossibile. Il Sempre presente non ha storia, non ha attuazione, non ha movimento perché non ha generazione (ajāti).
L'Essere puro è ciò che è, non ciò che era o ciò che sarà. E se la stessa Upaniṣad parla di "tre stati" è perchè si rivolge alla mente degli uomini - intessuta di alterità e di aporie -, e solo per strapparla dall'illusione del "due” e dell'"uno". Il "molteplice", il "due" e l'"uno”, vale a dire il pluralismo, il dualismo e l'unità matematica esasperano e deludono perché inconsciamente si tende al Non-due (puro Essere) o all'Assoluto che è onnipresente e rende possibile e il pensiero e l'apparenza fenomenica.
Se l'Assoluto è «quello che è libero da relazioni, ossia che esiste ed è quello che è, senza bisogno di essere in rapporto con altro, o ciò che è pienamente sufficiente, autosufficiente, indipendentemente da qualunque altra cosa o realtà» (G. Zamboni, Dizionario filosofico, Milano), allora in questi suoi sūtra-aforismi Gauḍapāda propone il vero sentiero yoga metafisico che porta alla realizzazione dell'Assoluto Essere non qualificato. Asparśa significa infatti: libero da relazioni, senza rapporto con altro, ciò che è autosufficiente, ciò che ò non-generato (ajāti).

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