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Secreti - Studi e Riflessioni su di un Antico Manoscritto

di
Editore: Adhoc Edizioni
Prezzo: € 23,00

Informazioni: a cura di Simonetta Bisogni Taccone, Domenico Monteleone, Giancarlo Signore e Franco Vallone, presentazione di Luigi M. Lombardi Satriani. - pp. 96, numerose illustrazioni b/n, Vibo Valentia
Stampato: 2020-08-01
Codice: 978883215024

Un antico documento ottocentesco, ritrovato a Briatico, nell'archivio di famiglia dal marchese Renato Bisogni è oggi custodito gelosamente dalla figlia, marchesa Simonetta Bisogni Taccone. La missiva, contenente Secreti, partita da Briatico e datata 7 febbraio del 1836 è stata scritta da Girolama Lombardi de' Satriani ed inviata a Catanzaro, a Prudenzina de Riso in Bisogni. Il documento e la lettera sono ben conservati ed integri, la carta è leggermente ingiallita dal tempo, la filigrana che affiora controluce dalle pagine è tipica dell'epoca, la calligrafia è elegante e vergata con pennino ed inchiostro, ma appare talvolta incomprensibile alla lettura. La lettera è stata spedita tramite un famiglio (domestico di fiducia), la busta ottenuta piegando i fogli su se stessi non riporta alcun annullo postale prefilatelico ed originariamente era chiusa con un sigillo in ceralacca, di colore nero, sul quale vi era impresso sicuramente un simbolo, uno stemma o delle iniziali. Appare interessante il plico di fogli allegato alla missiva che è titolato Secreti e riporta una serie di soluzioni cliniche e farmacologiche molto antiche, forse del Cinquecento, con l'utilizzo d'ingredienti di origine vegetale ed animale e con alcuni passaggi che a tratti lambiscono il mondo del rituale magico.

(...) Mentre che ero in Sauvia con l'Illustrissimo Duca Carlo Secondo mio Signore messo ad alloggiar casa di un chelletto Botteghiero, il quale aveva una moglie assai vecchia, la quale aveva le gengive di sotto grosse come un dito, percioche vi era cresciuta su la carne che pareva una cosa molto brutta. Mi pregò se io sapeva qualche cosa che io volessi medicarla, perchè erano molti anni che ella pativa quell'infermità. Io gli diedi buona speranza, e tolsi dell'acqua che usano gli orefici, la quale essi chiamano acqua da partire, e acconciai due bacchette, nella cima d'una delle quali legai un poco di bambagio pettinato, nella sommità dell'altra legai una pezzetta piccola. Presi poi un altra pezzetta doppia, e posi la pezza con la man sinistra sul labro di sopra, e tirai all'ingiù per scoprir tutta quella carnosità. Discoperta la carne, presi con la man destra la bacchetta, nella cui cima era il bambagio, e la bagnai in quell'acqua forte, e fregai col bambagio la detta gengiva carnosa, e diventò bianca con altramenee, che se io havessi distemperato con quell'acqua calcina e poi bagnai la pezza ch'era legata su l'altra bacchetta in acqua fredda, e lavai quella carnosità coprendo l'altre parti, acciocché non fossero tocche dall'acqua forte. Feci questo medesimo otto dì continovi, e con la grazia di Dio guarì, senza che le restasse bruttezza lacuna, quasi come s'ella non havesse mai patito nulla. (...)

Libro usato disponibile in copia unica

Libro che può recare eventuali tracce d'uso.

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