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Aspetti e Problemi dell’Ebraismo

Aspetti e Problemi dell’Ebraismo

Autore/i: Lattes Dante

Editore: Borla

presentazione di Paolo Nissim, prefazione di Augusto Segre, a cura di Gemma Baruch del Keren Kayemeth Le-Israel e dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane.

pp. 508, Leumann (Torino)

Dante Lattes, una delle figure più rappresentative ed autorevoli dell’ebraismo italiano del XX secolo, raccoglie in questo volume alcuni dei suoi scritti più interessanti e caratteristici.
«Aspetti e problemi dell’ebraismo» è un’ampia antologia in cui vengono esaminati, con un’acuta prospettiva storico-filosofica, i principali problemi dell’ideologia ebraica, che l’autore inserisce nel più vasto orizzonte del lavoro, del pensiero, delle sofferenze e delle speranze di tutti gli uomini.
Il volume è essenziale per poter penetrare con maggior sicurezza nel mondo interessante e, sotto certi aspetti, affascinante dell’idea ebraica ed è anche un contributo per tentare, almeno in parte, di offrire alla meditazione alcuni problemi della spiritualità ebraica e per illustrare ideali rimasti, anche dopo molti secoli di dure prove, straordinariamente validi e che forse, oggi più di prima, è necessario portare a conoscenza di chi cerca un po’ di luce, onesta e serena, in mezzo a tante preoccupanti tenebre.

Dal capitolo “La creazione del mondo e il peccato di adamo”:
“Il primo capitolo della Torà descrive la creazione del mondo.
Il mondo che esiste come realtà oggettiva dovette avere un principio. Perciò ci dovette essere prima del mondo, al di sopra del mondo, un artefice che lo costruì, un essere increato che lo creò. Tutto ciò è Sottinteso ed ammesso nel racconto della Genesi come un assioma, come un dato di fatto evidente tanto all’intelletto di colui che scrisse, quanto alla mente di coloro che dovevano leggere quelle pagine.
L’esistenza di Dio secondo la Bibbia non ha bisogno di dimostrazione; è la premessa e la condizione dell’esistenza del mondo. (Filone è il primo scrittore ebreo che abbia tentato di dimostrare l’esistenza di Dio). Dio dunque non può essere dimostrato ma si deve intuire. La Bibbia, in quelle prime pagine, non ce lo presenta, non ne disegna gli attributi, non ne esalta la grandezza. Il solo Suo Nome deve bastare. Ogni descrizione, ogni attributo sarebbe come più tardi dirà Maimomde una diminuzione, una limitazione, una contaminazione dell’Infinito e dell’Eterno. Chi legge sa chi è Dio e non ha bisogno di delucidazioni o di dimostrazioni.
Per lo più però SI tiene un altro sistema. Non si comincia da Dio per discendere nel mondo, ma si parte dal mondo per arrivare a Dio e per dimostrarne l’esistenza. Questo è il metodo filosofico, razionale, di chi dubitando ha bisogno di prove per ammettere ciò che sfugge ad ogni prova. La Torà pone Dio prima del mondo ed anche senza in mondo; anzi pone il mondo come conseguenza e come opera di Dio. Parte cioè da Dio per giungere al mondo.
Si può osservare che non c’era bisogno di predicare agli Ebrei l’idea di Dio perché essi la possedevano, come la possedevano tutti gli altri uomini.[…]”

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