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L’Onorevole Padrino – Il Delitto Notarbartolo : Politici e Mafiosi di Cent’Anni fa

L’Onorevole Padrino – Il Delitto Notarbartolo : Politici e Mafiosi di Cent’Anni fa

Uno non ricorda, l’altro ritratta, un terzo non c’è… E tutti vissero insieme con la mafia.

Autore/i: Magrì Enzo

Editore: Arnoldo Mondadori Editore

unica edizione.

pp. 330, Milano

L’assassinio di Emanuele Notarbartolo, avvenuto il 1° febbraio 1893, segna una data storica: il clamoroso esordio della mafia sulla scena nazionale. Organizzato nei minimi dettagli, il crimine mobilitò i diversi livelli dell’«onorata società» la quale più tardi, nei processi che subirono i presunti colpevoli, utilizzò tutte quelle arti subdole – corruzione, intimidazione, omertà, depistaggi, assassinii – che nell’arco di un secolo le hanno permesso di diffondersi in tutta Italia.
All’irresistibile ascesa della «piovra» non ha contribuito soltanto un certo potere politico, che onorevoli padrini come Raffaele Palizzolo hanno servito e di cui si sono serviti, ma anche un tipo di cultura, o subcultura, molto diffusa nel Meridione e un malinteso senso della sicilianità.
D’altra parte, perché pensare che la mafia fosse qualcosa di più di un radicato elemento del colore locale quando a parlarne in termini benevoli erano il grande giornalista calabrese Vincenzo Morello («la mafia è una cavalleria bassa»), il celebre critico letterario catanese Luigi Capuana («non ho mai visto questo Briareo dalle cento braccia ») o, infine, il più importante studioso del costume siciliano, il palermitano Giuseppe Pitrè («“mafiosa” è la gente che qui s’incontra dappertutto»).
In conclusione, il processo contro il mandante del delitto Notarbartolo verrà considerato un atto d’accusa del Nord Italia contro la società dell’isola la quale, ribellandosi, arriverà a chiedere attraverso un comitato, il prò Sicilia, l’assoluzione dei rei.
Per fare assolvere i suoi amici, politici e non, l’«onorata società» dispone oggi di strumenti più sofisticati e moderni. Tuttavia non bisogna dimenticare che il modello al quale essa si ispira ancora adesso fu quel terribile delitto che Enzo Magri, con lo stile asciutto della più classica tradizione poliziesca, ricostruisce insieme con le fasi istruttorie e i processi che seguirono e che ebbero come scenario Palermo, la Sicilia, il parlamento, Milano, Bologna, Firenze, in una parola l’Italia intera la quale per la prima volta dovette confrontarsi con un simile problema.
Sì, la prova generale, perfettamente riuscita, si tenne sull’omnibus numero 3, il Termini Imerese-Palermo, nel piovoso tardo pomeriggio di quel mercoledì 1° febbraio 1893 quando…

Enzo Magri è nato a Catania nel 1931. Laureatosi in legge, nel 1957 abbandonò la Sicilia per Milano dove l’anno successivo entrò al «Giorno». Cronista per 12 anni, nel 1969 passò al settimanale «Europeo» diretto da Tommaso Giglio. Rientrato ancora al «Giorno» come capo cronista è ritornato successivamente all’«Europeo» dove lavora attualmente come inviato speciale.
Interessato ai fatti di costume e alla cronaca nera, per anni si è occupato di mafia, camorra e ’ndrangheta. L’impegno verso l’attualità ha stimolato la curiosità nei confronti di tutte quelle storie che fanno la Storia. Da questo interesse sono nati, oltre al presente libro, Salvatore Giuliano (Mondadori 1987) e Giuseppe Musolino, il brigante dell’Aspromonte (Camunia 1989).

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Argomenti: Malavita, Storia Italiana,

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