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India

Cinquemila anni di civiltà indiana

di
Editore: Il Saggiatore
Prezzo: € 22,00

Informazioni: terza edizione, prefazione e introduzione dell'autore, traduzione di Mara Andreoni. - pp. 324, 68 tavole a colori, 2 carte, Milano
Stampato: 1960-11-01
Codice: 500000001926

Dall'introduzione dell'autore:
"Parte del continente asiatico e quasi continente essa stessa, la India occupa un'area ampia approssimativamente quanto l'Europa, Russia esclusa, e vanta una civiltà di almeno cinquemila anni, durante i quali l'arte fiori in ogni angolo del suo immenso territorio: arte feconda, di cui ci rimangono monumenti innumerevoli, sebbene rappresentino solo una minima parte di quanto esistette un tempo. La maggior parte delle città famose del passato sono scomparse e soltanto tumuli enormi stanno a indicare i luoghi ove esse sorsero. Le città tuttora esistenti poggiano sovra parecchi strati sovrapposti di più antichi insediamenti, le cui tracce si limitano alle fondamenta, al vasellame e a oggetti sparsi. Non c'è villaggio che non conservi nel proprio nome il ricordo di una città un tempo ricca o dove imponenti tumuli non si ergano a richiamo di scavi fecondi di promesse: anche centinaia di castellieri giacciono ancora inesplorati sui colli, sebbene ogni anno vengano alla luce importanti rovine. Eppure i monumenti che ci sono giunti, superano per numero quanto in Europa è sopravvissuto del mondo antico.
Ma possiamo interpretare questi monumenti come aspetti globali di un'antica tradizione? Vediamo infatti che anche i monumenti noti al turista comune rivelano tra loro una differenza tanto spiccata da sfidare ogni tentativo di reciproco accostamento. Per esempio, le serene forme persiane, le decorazioni così delicate e astratte, l'atmosfera sognante del Taj Mahal ad Agra, che cos'hanno in comune con i templi dell'India meridionale, enormi masse di sovrapposti altari, reggenti una moltitudine di statue di dèi terrificanti e di dee sensuali e rilievi raffiguranti strane visioni mistiche? E ancora, che cosa avvicina queste opere alla semplicità, alla gioia di vivere, al realismo della primitiva arte buddhistica, alle rovine di città della protostorica «Civiltà dell'Indo», che ricordano i resti dell'antica civiltà, sumerica del Vicino Oriente assai più che qualsiasi opera nata più tardi in India?
Il problema non si presenta meno vago e sfuggente di quello intorno all'arte europea.[...]"

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