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Quell'Antica Festa Crudele

Guerra e cultura della guerra dall'età feudale alla Grande Rivoluzione

di
Editore: Il Saggiatore
Prezzo: € 30,00

Informazioni: prefazione dell'autore. - pp. 440, Milano
Stampato: 1987-09-01
Codice: 500000004323

Non è vero che la guerra sia sempre, comunque e in assoluto, una «sporca faccenda». Se non altro perché essa, come molte altre attività dell'uomo e come molte altre forme dei rapporti fra comunità, si sviluppa nella storia. Non esiste la Guerra, isolata nella metastoria e nella metafisica: esistono le guerre, e non ce n'è una che sia mai davvero e del tutto uguale alle altre.
Studiare la guerra nel suo divenire storico, relativizzarla, fenomenizzarla, significa anche demitizzarla: in un certo senso desacralizzarla.
E quanto negli ultimi decenni hanno fatto i sociologi da una parte, alcuni psicanalisti dall'altra; è l'obiettivo di una scienza recente, la polemologia.
Franco Cardini ha ereditato dal suo Maestro, Ernesto Sestan, l'amore per le ricostruzioni di «lungo periodo» e di ampio orizzonte; nonché il gusto per due precisi periodi storici: il Medioevo da una parte, il Settecento dall'altra. Il che, se per un verso significa crociate e cavalleria (due fenomeni nello studio dei quali Cardini si è a lungo impegnato), per l'altro significa guerre en dentelles, Federico il Grande, Eugenio di Savoia; e magari quel «Bella vita militar» che Cardini, mozartiano convinto, sembra stimare una vera e propria chiave interpretativa.
Guerra come cultura; e cultura della guerra.
Non fingiamo di scandalizzarci: senza la guerra, l'immaginario umano sarebbe privo di quel «bello + terribile» che sembra invece suo compagno inseparabile. La guerra non è mai bella, è vero: però, talvolta, sono belli i guerrieri. Vecchio fascino della maschera rituale, del pennacchio di Ettore alle porte Scee, della «bellezza del cavaliere» tanto più alta ed evidente di quella «dell'agente di cambio».
Elogiare la guerra, quindi? Magari perché ha ispirato Omero e Dürer, Mozart e Jünger?
Oppure perché ha «accelerato il progresso», come si diceva ai tempi in cui nel progresso si credeva senza esitare? Nessuno lo propone; come nessuno propone, del resto, di equiparare, acriticamente e riduttivamente, qualunque guerra allo sterminio assoluto e indiscriminato in cui potrebbe consistere un conflitto nucleare. Nel corso storico della guerra - anzi, delle guerre - c'è stato spazio per molte cose, non tutte né sempre negative e sanguinarie. Talora vi affiorano anche l'intelligenza, la generosità, lo humour, la commozione, la poesia; anche, e perfino, l'amore. ' Cultura della guerra, alibi per un'apologia della guerra? Non sia mai. Ma occasione per un'apologia dell'uomo, che riesce quasi sempre a esser migliore delle sue stesse scelte: questo sì.

Franco Cardini alterna il suo insegnamento di Storia medievale nelle Università di Firenze e Bari a frequenti soggiorni di studio all'estero. Ha scritto libri sulle crociate, sulla cavalleria, sulla stregoneria, sulle feste nella tradizione europea.
Per la Mondadori ha pubblicato Il Barbarossa (1985). Collabora a «Storia illustrata» e «Panorama». Elzevirista del «Giornale», del «Tempo» e di altri quotidiani, ha al suo attivo anche una lunga esperienza radiofonica e televisiva.

Il volume è disponibile in copia unica

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