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L'Urbanistica in Italia nel Periodo dello Sviluppo • 1942-1980

di
Editore: Marsilio Editori
Informazioni: quarta edizione, introduzione dell'autore, in copertina: Fabrizio Clerici, La tromba d'aria, 1965, Collezione privata. - pp. 320, ill. b/n, Venezia
Stampato: 1991-09-01
Codice: 978883174931

Nel 1942 l'Italia si dà una nuova, «avanzata legge urbanistica». La ricostruzione e il successivo sviluppo economico sarebbero dovuti avvenire rispettando le procedure di controllo delle trasformazioni territoriali stabilite da quella legge, ma tutti sappiamo che così non è avvenuto. I piani urbanistici sono stati studiati con molto ritardo, sistematicamente influenzati nella stesura da interessi politici ed economici, sempre violati nella fase attuativa.
Occorreva imporre la convenienza di una corretta pianificazione del territorio, e gli urbanisti lo hanno tentato per decenni teorizzando che le regole della loro scienza corrispondessero al benessere collettivo, lo hanno sperimentato assumendosi in prima persona ruoli politici e amministrativi, lo hanno confermato interpretando la storia come un costante progresso dal male al bene, verso la pratica sempre più diffusa dei principi disciplinari.
Ma la vicenda storica non è così semplice. L'idea della comunità, la politica del quartiere, il risanamento dei centri storici, l'invenzione dei centri direzionali, la scala territoriale, gli standard urbanistici, la stessa lotta alla rendita, sono paradigmi connessi allo sviluppo della società capitalistica in uno stretto intreccio di funzioni di sostegno diretto alla produzione, alla riproduzione della forza lavoro, alla formazione di un'ideologia borghese, alla costruzione di utopie, alla accumulazione neocapitalistica che diventano evidenti quando si analizza il rapporto del sistema urbanistico con il sistema economico e con quello politico.
I piani regolatori, i progetti di grande scala territoriale, le nuove leggi mano a mano emanate, il dibattito culturale nei congressi dell'INU e nelle riviste offrono a questa analisi una solida base documentaria.
La storia di questi quattro decenni offre parecchie occasioni per ridimensionare la connotazione «progressiva» e «di sinistra» che l'urbanistica si è data in Italia, e consente di costruire per il futuro una proposta di programmi e tecniche di lavoro meno ideologici, più capaci di governare i problemi scaturenti oggi dall'emergere dei bisogni radicali e da una nuova domanda sociale, dall'esigenza di un rigido controllo di risorse più scarse, dalla progressiva divaricazione tra una prassi professionale troppo politicizzata ed una ricerca teorica condannata all'astrazione, dalla contraddizione tra un progetto di uso alternativo delle istituzioni e il loro strutturale ruolo conservatore: forse in questo modo davvero più avanzati.

Marco Romano è nato nel 1934 a Milano, dove vive. Architetto e urbanista, è stato segretario dell'Istituto nazionale di urbanistica; direttore della rivista «Urbanistica»; direttore del Dipartimento di urbanistica dell'Istituto universitario di architettura di Venezia, dove insegna nel corso di laurea in pianificazione territoriale. Oltre a numerosi saggi, articoli, e al presente volume, ha pubblicato nel 1983 presso le Edizioni Medicee Il linguaggio urbanistico.

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