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Tarocchi Liguri-Piemontesi

di
Editore: Lo Scarabeo - RBA - Fabbri
Informazioni: 78 carte, Milano
Stampato: 2001-01-01
Codice: 500000002503

Il gioco dei Tarocchi arrivò in Piemonte, dalla vicina Lombardia, verso la metà del Cinquecento e da allora ha rappresentato uno dei passatempi più apprezzati, specialmente nelle osterie di campagna. Ma, per una strana ironia della storia, gli attuali Tarocchi piemontesi sono nati in Francia.
È noto che le prime imprese per la produzione di carte da gioco in Piemonte sorsero intorno al 1580, ma le caratteristiche di queste carte ci sono sconosciute poiché la loro scarsa qualità non ne ha permesso la conservazione. Sono rimasti, però, molti documenti riguardanti la legislazione relativa alla produzione, alla vendita e all'uso delle carte comuni e dei Tarocchi nel ducato dei Savoia.
Il più antico esemplare di Tarocchi piemontesi è un mazzo conservato al Museo Fournier de Naipes di Vitoria, in Spagna: fu stampato nel 1736 da un certo Giuseppe Ottone, forse attivo a Serravalle Sesia, nella provincia di Vercelli. Altri due mazzi simili, conservati al British Museum di Londra, hanno l'indicazione Serravalle ma data di stampa e produttore sono diversi: il primo, del 1742, è di Pierre Cheminade; il secondo, del 1744, è di Giaehomo Chastelano. Questi mazzi sono copiati dai Tarocchi marsigliesi sia nei titoli, composti in un rozzo francese, sia nella tecnica di realizzazione, con i bordi tagliati di netto anziché ripiegati sulla figura, all'italiana.
È chiaro che i produttori piemontesi avevano copiato il modello che a quell'epoca aveva più successo, il cosiddetto "marsigliese", prodotto in tutta la Francia sudorientale. Intorno al 1830 furono ideati (forse a Ghemme, a Varallo o a Novara) i cosiddetti Tarocchi liguri-piemontesi, così denominati perche' ebbero particolare diffusione nel Piemonte meridionale e in Liguria. Questo mazzo non differisce molto dai Tarocchi marsigliesi, tuttavia, un occhio allenato è in grado di riconoscere quasi all'istante alcuni elementi tipici, come lo sbuffo rotondo nei pantaloni del Matto, l'abbigliamento del Bagatto, l'ampio mantello dell'Eremita, e altri piccoli particolari.
Tra le varie versioni e stata scelta, per la sobrietà del disegno e dei colori, quella realizzata a Ghemme da un artigiano poco noto, Giovanbattista Guala. (Giordano Berti)

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