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Perdita del Centro - Le Arti Figurative dei Secoli Diciannovesimo e Ventesimo come Sintomo e Simbolo di un'Epoca

Titolo originale: Verlust der Mitte

di
Editore: Rusconi
Informazioni: prima edizione, introduzione dell'autore, traduzione dal tedesco di Marola Guarducci. - pp. 368, Milano
Stampato: 1974-07-01
Codice: 500000005434

Hans Sedlmayr è uno dei più autorevoli storici dell'arte viventi, ed è universalmente riconosciuto come il maestro dell'analisi strutturale nella storiografia artistica. Questo libro è il suo fondamentale e ha come sottotitolo: «Le arti figurative dei secoli XIX e XX come simbolo e sintomo di un'epoca».
Il libro non è infatti una storia dell'arte moderna; esso analizza la crisi dell'epoca moderna, indagando nell'arte quella zona inconscia in cui l'anima dell'uomo non si mette mai la maschera. René Huyghe formulò nel 1939 le basi di tale metodo, scrivendo: «L'arte è per la storia della comunità umana ciò che il sogno di un uomo è per lo psichiatra». Sedlmayr, partendo dal concetto che «sono gli abusi a esprimere meglio la tendenza», ricerca e scopre in architettura, scultura, pittura quelle forme che, dal Settecento a oggi, possono essere considerate nuove rispetto alla Tradizione. In queste forme, che sono il contrassegno «moderno» dell'arte, l'autore individua come tratto caratteristico la «perdita del centro»: si scindono gli elementi tradizionalmente connessi, ogni elemento o frammento tende all'autonomia, ciò che prima era marginale diventa a sua volta centro e polo d'attrazione. Ed ecco le conseguenze: nelle arti coesistono nella stessa epoca le tendenze più contraddittorie, l'irrazionalità della pittura e il razionalismo dell'architettura, l'amore per il caos e l'inorganico e l'orgogliosa fuga dalle radici terrestri; le forme umane si smembrano, si eclissa l'immagine tradizionale dell'uomo.
Questa crisi risale, secondo Sedlmayr, al panteismo e al deismo del secolo XVIII, all'eliminazione nell'uomo di ciò, che è personale, e il turbamento definito come «perdita del centro» può essere ricercato in quella inconcepibile separazione del divino dall'umano, la quale fa Si che l'idea di Dio si dissolva nella natura e scompaia, mentre l'idea dell'uomo, non più simile a Dio, si degrada in dimensioni subumane. L'arte, mediazione tra umano e divino, non può non registrare tale scissione, oscillando tra l'autonegazione e la creazione di quei «mostri della Ragione impazzita» tipici del mondo contemporaneo.

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